sabato 15 ottobre 2022

Ti esaudirò al tempo opportuno

 


Questa domenica il vangelo ci fa entrare nel mistero della preghiera, relazione personalissima tra ciascuno di noi e il Signore, in cui nulla è già scritto come in ogni relazione, ma tutto si crea nella misura in cui ci si coinvolge aprendo il cuore. Cosa racconta Gesù per farci comprendere l’importanza di mantenerci in relazione con lui? Racconta la storia della vedova importuna che va a bussare alla porta di un giudice senza scrupoli chiedendo giustizia e che, ad ogni tentativo fallito, ritorna più convinta che mai. Ci aspetteremmo che il giudice a un certo punto la faccia allontanare, liberandosi di lei. Ma Gesù ci sorprende dicendoci che quel giudice alla fine la esaudisce per sfinimento. Se così fa quel giudice, forse che Dio Padre non farà giustizia ai suoi figli oppressi da tante ingiustizie che gridano a lui giorno e notte?

Gesù risponde che farà giustizia prontamente. Questo avverbio è la chiave di volta. “Prontamente” tradotto dal greco significa al momento opportuno, non significa subito. Gesù ci sta confidando il segreto del suo cuore: sempre ci ascolta, e sempre ci esaudisce al momento opportuno, dentro un processo nel quale nel tempo ci siamo lasciati lavorare dalla vita. Abbiamo permesso a lui di camminarci accanto nelle giornate buie e in quelle luminose, abbiamo imparato che la sua fedeltà è invincibile, a prova di ogni nostra stanchezza, abbiamo infine lasciato che lui potesse operare e guidare la nostra barca.

Maria, a cui ci affidiamo e a cui guardiamo come a sorella nella fede, non ha mai smesso di cercare e di domandare, ma sempre, allo stesso tempo, non ha mai smesso di dare fiducia a Dio, ringraziando quando otteneva, e ringraziando ancora quando non otteneva. Maria ci insegna che occorre chiedere sempre, come la vedova importuna, e nello stesso tempo sempre lasciar parlare Dio, permettendogli di raccontarci anche una storia diversa, quella che desidera scrivere con noi.  

Dal vangelo di Luca  - 18,1-8
 
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

 

sabato 8 ottobre 2022

Dio guarisce mentre vivi

 


Ci sono personaggi dei vangeli che sembrano secondari, senza nome e che tuttavia hanno un messaggio di fede fortissimo da consegnarci. Ci parlano dritto al cuore e capiamo al volo quello che questa parola accolta e vissuta ha il potere di realizzare nelle nostre esistenze. Stiamo parlando dei dieci lebbrosi protagonisti del vangelo di questa domenica, testimoni di un miracolo di guarigione simile ai tanti altri operati da Gesù. Sono ammalati di una malattia gravissima, e al vedere Gesù implorano aiuto e pietà, ottenendo la salvezza. In questo miracolo c’è però qualcosa che colpisce. Gesù infatti non li guarisce all’istante, mentre è insieme a loro: gli dice di andare a presentarsi ai sacerdoti e strada facendo si ritrovano guariti. Questo significa che quando i lebbrosi partono, sono ancora lebbrosi. Eppure partono, obbedendo alla parola pronunciata da Gesù. Un po’ come i servitori di Cana, che mentre versano acqua nelle giare, la vedono trasformarsi in vino. Questi amici dei vangeli nella loro disarmante fiducia nell’impossibile, ci consegnano un messaggio enorme: Dio si rivela mentre viviamo, non prima o dopo, ma durante. È questo l’avverbio preferito dal Signore, lui che è il Dio della vita e ci vuole vivi, insieme a lui.

Dal vangelo di Luca 17,11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».


sabato 10 settembre 2022

Persi e ritrovati

 



“Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”.

“Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”.

“Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

Nella Bibbia la ripetizione di un concetto è segno che quella cosa ha un valore immenso, è importantissimo. In questo vangelo di oggi Gesù, nel raccontare alcune parabole, ripete per più volte il concetto del ritrovare ciò che si era perduto. Gesù ci apre una finestra sul cuore di Dio, profondamente commosso per le nostre miserie e sempre pronto a riabbracciarci. Nostro Padre fa festa quando ritrova un figlio che si era perduto, quando torna in vita chi era morto. Quante famiglie sono spaccate per motivi di soldi, di eredità, di avidità, o per non accettazione reciproca, quanto astio covato e quindi quanta morte coltivata nei cuori. L’aria si fa irrespirabile, le relazioni sono improntate alla durezza, alla critica, al giudizio. La vita muore, il bene non fiorisce. Non dobbiamo morire nel senso proprio del termine per essere morti, lo siamo già se restiamo lontani dal perdono, se ci ostiniamo a difendere le nostre ragioni e chiudiamo le orecchie al richiamo del Signore, che ci chiede solamente di aprirci alla misericordia. 

San Massimiliano Kolbe, che ha fatto dell’amore il criterio della vita, proprio per non lasciare all’odio nessuna possibilità di attecchire, ci offre un consiglio utile: «Chi cade in peccato deve forse disperare? No, mai e poi mai! Infatti ha una Madre che gli è stata data da Dio, una Madre che segue con cuore tenero ogni sua azione, ogni sua parola, ogni suo pensiero. Lei è soltanto Madre di misericordia, perciò si affretta ad accorrere, anche se non è invocata, dove si manifesta in modo più grave la miseria delle anime» (SK 1094). È l’invito fraterno a gettare uno sguardo verso Maria, per domandarle aiuto e consiglio. La fiducia si conquista a piccoli passi, e se iniziamo, siamo già a buon punto. Il resto lo farà lei.

 

sabato 20 agosto 2022

Far vincere l'amore

 


Combattete, lottate per entrare per la porta stretta che porta alla salvezza. Lottare, questa la traduzione più aderente all’originale verbo greco usato da Luca e che è stato tradotto con lo “sforzatevi”. Sforzarsi è un verbo verso cui non proviamo troppa simpatia: sforzarsi di fare le cose significa infatti vivere sempre in una tensione negativa che non ci fa mai tirare un respiro di sollievo, perché non riconosciamo i nostri limiti e i bisogni che abbiamo. E sappiamo che il Signore non ci chiede questo, non ha bisogno di persone che si sforzano per vivere. Combattere invece sì che lo capiamo: la lotta spirituale è necessaria per vivere e non limitarsi a sopravvivere. Se piove occorre usare qualche protezione: che sia all’ombrello o un impermeabile, occorre fronteggiare l’acqua.

Allo stesso modo a livello spirituale, per mantenerci nell’amore di Dio, per conservare sempre potente in noi l’eco della sua Parola, del suo vangelo, per restare uniti a lui, occorre che siamo svegli e riconosciamo i pensieri molesti che ci vorrebbero allontanare dalla fiducia in Dio. Lottare è perciò un far sì che Cristo vinca in noi. È lo Spirito che lavora perché noi lavoriamo con lui.

A santa Faustina Kowalska, Gesù apparendo un giorno disse: “Sappi, figlia mia, che l’ostacolo più grande alla santità è lo scoraggiamento e l’inquietudine ingiustificata, che ti toglie la possibilità di esercitarti nelle virtù”. Su questo punto anche san Massimiliano era ben preparato: nella sua vita non abbassò mai l’asticella del suo desiderio di amare, e capì che solo alimentando tale desiderio poteva vivere una vita davvero piena. Si trattava di scegliere la lotta spirituale, di fronteggiare a ogni passo il male, in qualunque maniera si fosse presentato. A volte il nostro nemico siamo noi stessi, quando accogliamo i pensieri di scoraggiamento, quando crediamo a chi ci ha trasmesso il messaggio che non valiamo, che non siamo capaci.

Chiediamo perciò la grazia in questa domenica di accogliere l’invito di Gesù a combattere con le armi della pazienza, dell’amore, del perdono, della fiducia nonostante tutto e della speranza contro ogni speranza. Già solo assumere questo stile di vita sarà la nostra vittoria contro ogni forma di male, che sia dentro o fuori di noi. San Massimiliano Kolbe ci incoraggia quando scrive: «Rafforziamo continuamente, ogni giorno, ogni istante, il nostro amore verso l’Immacolata e diamoci da fare perché anche gli altri la amino come noi e ancor più di noi» (SK 1213). Monica Reale

Vangelo di Luca (13,22-30)
 
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».


sabato 13 agosto 2022

Un fuoco di bontà

 



Felice coincidenza questo 14 agosto in cui la festa di san Massimiliano Kolbe si intreccia con la domenica del Signore dove “casualmente” troviamo un vangelo che sembra proprio ritagliato su misura per Kolbe. Gesù infatti in questo vangelo fa una esclamazione inattesa e appassionata: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!». San Massimiliano, quasi sintonizzandosi con lui, in una nota pagina dei suoi Scritti invita a «suscitare questo amore verso l'Immacolata accendendolo nel proprio cuore, e comunicare tale fuoco a coloro che vivono accanto; infiammare con esso tutte, ed ognuna singolarmente, le anime che vivono ora e che vivranno in futuro e far divampare in modo sempre più intenso e senza restrizioni tale fiamma d'amore in se stessi e su tutta la terra: ecco il nostro scopo. Tutto il resto è soltanto mezzo». SK 1326. 

Da chi ha preso questa passione Kolbe se non dal Signore? Ma facciamo attenzione a non considerare questa esplosione di vita come una specie di trionfalismo. Tutti i successi cristiani si ottengono attraverso il dono di sé, attraverso la logica della croce. Chi di noi è riuscito a risolvere un qualche problema che tocca più in profondità l’essere delle persone e la sostanza delle situazioni contando solo sulle proprie forze? Nessuno che abbia un minimo di realismo alzerebbe la mano. Gli unici risultati degni di nota a questo livello vengono dalla preghiera. È solo la nostra offerta quotidiana, la preghiera assidua, la richiesta della grazia, l’affetto e la compassione per le miserie altrui a cambiare le cose. Perché tante volte la preghiera non sortisce effetto? Andiamo a fondo a questa questione. Tutto dipende dal nostro cuore. Dalla qualità della nostra compassione. 

Se in una famiglia c’è qualcuno che ha davvero convertito il suo cuore alla misericordia di Dio, allora in quella casa verrà amore, verrà il bene, si diffonderà tramite la paziente opera di questa persona che crede, infonde fiducia, tesse dialoghi e coltiva il bene. Questa compassione è la grazia da chiedere, perché la compassione ha una sua potenza che fa miracoli. E allora guardando Gesù e padre Kolbe anche a noi potrà capitare di provare qualche briciola di questa fiamma di carità, perché ormai il nostro cuore sarà così plasmato dalla vita e dall’umiltà da cominciare a sentire un po’ di quell’amore vero che Dio ha per tutti noi. Possiamo affidare a Maria questo desiderio, le chiediamo questo sguardo nuovo e questo cuore nuovo. Ciascuno può farne esperienza e la farà se sarà disposto a lasciarle un po’ di spazio e di amore.

Monica Reale

 

 

14 agosto 2022

Vangelo di Luca 12,49-53
In quel tempo Gesù disse: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

sabato 30 luglio 2022

Arricchirsi presso Dio




La vita non dipende da quello che possediamo. Cosa significano queste parole di Gesù dette in risposta a un uomo che lo aveva interpellato per questioni di soldi ed eredità? Gesù non presta il fianco a questa richiesta, perché non è venuto per risolverci i problemi che possiamo aggiustare noi con le nostre capacità. Gesù è venuto per salvarci da una vita senza senso e senza relazione d’amore con Dio. Inutile spendere la vita intera a cercare di accumulare denaro e riconoscimenti, quando la vita ha la sua essenza in qualcosa che materiale non è. La vita è altrove. E ne facciamo esperienza tutti. Siamo nella pace quando siamo in armonia di relazione con noi stessi, con il Signore, con la realtà tutta. Quella armonia si effonde in ciò che facciamo e dà un gusto buono ad ogni azione. Massimiliano Kolbe pensava che fosse necessaria solo una cosa: mettere amore in tutto quello che si fa. Il resto non conta. Amando ci arricchiamo presso Dio, ossia cominciamo a costruirci il paradiso fin da adesso. 
A che serve arricchirsi materialmente se abbiamo l’anima oppressa da una sorda solitudine? I mali dell’anima sono tremendi, sono dei veri tormenti, e vengono dalla lontananza da Dio, dal percepirsi orfani, chiusi in una bolla in cui manca l’ossigeno. Nella relazione con Dio invece siamo condotti fuori dai nostri limiti e resi capaci di aperture inaudite. Diventiamo persone di relazione, diventiamo capaci di vedere la presenza dello Spirito che ci ispira e ci guida, che anima le vicende e suscita
scelte. È una vita piena, abitata dall’amore, vissuta in relazione. Una vita con difficoltà come tutte le vite, ma felice. 
Ecco allora che l’uomo ricco che accumula per godersi le cose e non pensa ad altro che al ventre ci sembra l’immagine di tante persone che in fin dei conti sono tremendamente sole e forse le più bisognose di amore. 
Il nostro affidamento a Maria ci ha inserito dentro una dinamica di donazione, di apertura, di fraternità, di amicizia, e questa apertura ha orizzonti sempre nuovi, sempre più attraenti, perché l’amore è creativo, non si ripete. Gesù oggi ci affascina con la sua proposta di una vita piena di amore e di relazione. Viviamola appieno, noi che siamo affidati a Maria, e offriamo con generosità i frutti di questa scelta, che non sono parole, è pace del cuore che traspare e dona vita anche agli altri.

 

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 12,13-21
 
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

 

sabato 16 luglio 2022

Tra voi però non è così

 


Tra voi però non è così. Amo queste parole sobrie e forti di Gesù che fanno verità su due diversi modi di vedere i rapporti tra persone, uno che piace al Signore, e che possiamo considerare evangelico, l’altro che gli dispiace e che possiamo considerare non evangelico ma mondano. Il primo modo è sinodale, ossia impostato sulla convinzione che siamo tutti figli e fratelli tra noi e che abbiamo un solo Padre, Maestro e Guida, Gesù. È il modo che la Chiesa sta proponendo e che Gesù stesso attraverso il Papa e tutti noi credenti desidera per questo terzo millennio. È il sogno di percepirci e di viverci alla pari, integrando i differenti talenti e percorsi personali dentro un’armonia più grande, senza che ci sia un capo che in maniera diretta o indiretta si senta investito di un ruolo che nessuno gli ha dato. Nelle nostre comunità, nelle realtà che frequentiamo e in cui viviamo e lavoriamo troppo spesso il semplice ruolo di coordinamento è assunto in un modo tale che si vengono a creare delle sacche di potere e controllo laddove invece non è scritto da nessuna parte che coordinare e guidare un certo team significhi sentirsi e viversi come superiore. 

Tra voi però non è così. Viene in mente la libertà di san Massimiliano Kolbe, che pur in un’epoca in cui nella Chiesa vigeva il modello piramidale col superiore in cima, ha optato per uno sinodale. E lo ha fatto vivendo, cioè percependosi come pari degli altri. E questo messaggio gli altri lo hanno ricevuto e di conseguenza si sono sentiti liberi, hanno avvertito di potersi muovere in un ambiente familiare, sereno, aperto. Maria è stata il modello di Kolbe e lo è anche per noi, in lei vediamo una donna sinodale, che si percepiva insieme agli altri, a suo Figlio prima di tutto ma anche a tutti gli altri. Nel Cenacolo in attesa dello Spirito, emerge con intensità come Maria viva questa parola del Signore: “Tra voi però non sia così”, tra voi sia come tra fratelli e sorelle che cercano insieme il modo migliore per seguire il Signore. La volontà di Dio infatti non è scritta e solo da eseguire, è un tessuto da tessere insieme con l’apporto creativo di tutti. E per essere creativi dobbiamo poterci esprimere liberamente, non essere giudicanti ma accoglienti la diversità, valorizzando tutti. Sì, occorre molta apertura mentale e di cuore, e questo noi cerchiamo, chiediamo come grazia a Maria. Ce la otterrà certamente, perché il sogno di Gesù per questa generazione è che tra noi non sia così.

Monica Reale

 

 

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,35-45
 
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

sabato 9 luglio 2022

Lasciati curare da Dio

 


 

Il vangelo di questa domenica è una Parola che Gesù ci offre con estrema chiarezza. Alla domanda: come salvarsi? Come entrare nella vita? Gesù risponde con un racconto simbolico. C’è un uomo mezzo morto destinato a morire del tutto, abbandonato al suo dolore sul ciglio della strada. L’indifferenza di alcuni che passano infatti conferma questa ipotesi. Ma una persona sceglie di fare in modo diverso, il famoso samaritano. “Passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino”. Poiché Gesù invita a comportarsi così per poter essere nella vita, noi pensiamo subito di dedicarci a questa cura della persona in particolare dei più fragili. Occorre però prima focalizzarci sul fatto che i feriti e sofferenti siamo tutti noi. Esposti alla vita, con le nostre sole forze non possiamo difenderci e finiamo feriti ai bordi delle tante strade esistenziali in cui possiamo trovarci: solitudini, separazioni, malattie, depressioni, mancanza di lavoro, lutti, peccati e ribellioni. Siamo noi quei poveri acciaccati che abbiamo bisogno di compassione. E qui c’è la gioia del vangelo. Gesù si rende presente, si fa vicino in particolare quando siamo a terra. In quello stato di crisi siamo al limite tra la salvezza e la morte. Se ci lasciamo incontrare, fasciare, curare, prendere, possiamo salvarci e fare esperienza di Dio. Diversamente iniziamo il gioco dei ragionamenti, delle chiusure, delle giustificazioni. Troviamo ogni scusa per fare le vittime e chiudere gli occhi davanti agli occhi di Dio che ci cercano.

Affidarci a Maria penso sia un dono di Gesù proprio per ciascuno di noi, per la nostra umanità che è in bilico e se non ha una mano dall’alto non riesce a decidersi per la semplicità, preferendo le strade complicate del ripiegamento su di sé. In questo tempo della Chiesa e della storia Maria ci vuole semplicemente accompagnare ad aprire il cuore a Dio, per farne esperienza concreta. Una realtà possibilissima, per nulla ardua, non è una salita, non è una fatica impossibile. È fare surf sull’onda piena di energia che è Dio stesso. Ci vuole coraggio, ci vuole desiderio, ci vuole sicuramente la forza per staccarsi dalle abitudini di sempre, ma se si mettono i piedi su quella tavoletta e si parte finalmente, l’onda farà tutto il resto. Non per nulla padre Kolbe ci teneva a ripetersi “lasciati condurre e non voler tu condurre Dio”. Lo diceva a se stesso e lo consiglia anche a noi. La semplicità salverà il mondo. E se lo desideriamo, anche noi.                                                       

                                         M. R.                         

Dal Vangelo secondo Luca
 10,25-37

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

 

sabato 28 maggio 2022

Non sia turbato il vostro cuore

 



Nel vangelo di questa domenica Gesù ci prepara al dono dello Spirito Santo, il Paraclito, che significa dal greco “colui che è chiamato accanto come difensore”, infatti un altro nome dello Spirito Santo è Consolatore. E come ci prepara Gesù? Spiegandoci che la chiave per aprire il mistero o meglio per entrare nel mistero della vita divina è l’amore. Volergli bene, amarlo, prendere sul serio la sua Parola contenuta nei vangeli, cogliere le sue ispirazioni, significa fare l’esperienza del Dio vicino, che dimora in noi. Infatti noi non siamo solo mente-corpo, ma abbiamo un’anima creata direttamente dal Padre. Gesù perciò ci rassicura, perché anche se fisicamente non è più tra noi, lo è nello Spirito Santo. 
Lo Spirito Santo opera costantemente nel mondo e attira a sé chi si lascia attirare. Lui ci ha portati ad aprirci alla fede, Lui ci ha sostenuti e incoraggiati alla preghiera, Lui ci ha suggerito di affidarci a Maria e farci aiutare dalla sua grazia materna, Lui ci dà la pace vera, che è certezza interiore di essere uniti a Dio, e non consiste in assenza di difficoltà o turbolenze. 
“Non sia turbato il vostro cuore”, suggerisce Gesù a ciascuno di noi. L’inquietudine ingiustificata è la nostra compagna ordinaria di viaggio, e siamo noi a darle spazio lasciandoci trascinare dai venti dei nostri molteplici pensieri. 
Come fare per mantenerci in un equilibrio più sano? È Maria a suggerirci la strada: custodire nel cuore la relazione con Dio. Nel qui ed ora di ogni nostra circostanza quotidiana, uno sguardo gettato sul Signore, un atto di abbandono nello Spirito Consolatore, un tempo ritagliato per pregare il rosario e partecipare alla Messa, un perdono chiesto e ottenuto, qualunque gesto piccolo o grande che ci porti a orientarci a Gesù, sarà questo “volgersi verso” a diventare la strada maestra per l’unione costante con Dio dentro le dinamiche complesse in cui siamo inseriti.

22 maggio 2022

Giovanni 14,23-29

In quel tempo Gesù disse a Giuda, non l'Iscariota: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: «Vado e tornerò da voi». Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.


sabato 2 aprile 2022

Dio fa cose nuove

 



Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? È questo il messaggio di novità che il vangelo di questa domenica ci porta. Gesù è alle prese con una provocazione da parte di scribi e farisei. Gli portano una donna adultera e chiedono cosa ne pensa del fatto che secondo la legge va punita con la morte. La risposta di Gesù li smonta: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Gesù riporta l’attenzione su di loro. Tutte le volte che proiettiamo sull’esterno, sugli altri le nostre insoddisfazioni e frustrazioni, noi siamo ingiusti, perché invece di fare i conti coi nostri problemi, li spostiamo fuori di noi. Gli accusatori lasciano lì Gesù e la donna e si ritirano. Non sappiamo cosa hanno capito, ma per lo meno sentono di essere in errore. Sentono che quel movimento “contro” è una violenza che in verità si portano dentro e scagliano per primi contro se stessi.

Cosa scrive Gesù col suo dito divino? A noi piace pensare che scriva il suo nuovo messaggio di perdono e misericordia per tutti. Scrive la novità, questo germoglio che è l’opera nuova che Dio fa e di cui dobbiamo soltanto accorgerci.

Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Restano soli Gesù e la poveretta: e le parole che Gesù pronuncia la risollevano dalla polvere e le danno l’energia spiritale per ripartire, per ricominciare. Va’, le dice Gesù. La nostra verità è in questo “va’” pieno di compassione e di tenerezza, è in questa fiducia di Dio per noi, è in questo suo sguardo pieno di bontà paterna e materna in cui ci sentiamo finalmente a casa. La condanna di vivere che molte persone avvertono nella propria carne non è da Dio, viene dai messaggi che gli sono stati attaccati addosso. Quando ce ne stacchiamo, possiamo vederci in tutta verità, figli e figlie amati e in questo amore eterno trovare tutta l’energia di cui abbiamo bisogno per rinascere a vita nuova.

 

 

Vangelo della 5 domenica di Quaresima Gv 8,1-11


In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

 

sabato 19 marzo 2022

Il Dio delle infinite possibilità

 


Nel vangelo di questa domenica, al centro delle parole di Gesù sta la conversione, il cambiamento del cuore e delle scelte. Il tempo storico che stiamo attraversando ce lo conferma. Non è con le dure opposizioni, con il bianco e nero che si vincono le battaglie contro il male, ma con la pazienza, il perdono, il costante miglioramento di noi stessi. San Massimiliano Kolbe diceva che non dobbiamo voler cambiare l’ambiente, ma noi stessi, perché solo nella misura in cui ci avviciniamo all’amore di Dio e ci affidiamo alla protezione di Maria, noi possiamo ridurre la distanza che ci separa dagli altri. Poiché l’altro è altro da me, sempre occorrerà fare un passo verso di lui, contenendo qualcosa in me. Non si dà spontaneamente la relazione con gli altri, con Dio e con la realtà senza che noi facciamo nulla. Occorre fare lo sforzo di uscire da noi stessi per interessarci davvero a quello che l’altro pensa e desidera e sentirlo fratello nella sua diversità, senza spaventarsene. 

È questo l’atteggiamento che Gesù consiglia quando racconta dell’uomo che possiede una vigna e chiede al vignaiolo di tagliare l’albero di fichi che da tre anni non dà frutti. Il vignaiolo si impietosisce e gli chiede di lasciarlo ancora un anno. Lui stesso provvederà a concimarlo, curarlo e così dargli un’altra possibilità. Gesù sempre ci dà altre possibilità. In realtà non ci sono sconfitte, perché se dalle sconfitte impariamo, allora si trasformano in esperienze di vita. 

Un’altra possibilità che ci è data è il sentirci figli di Maria, sentire che abbiamo una madre in cielo e che la sua vita è accompagnarci, starci vicino, consigliarci. 

 Forse se i fichi alcune volte stentano a maturare è perché ci siamo arresi davanti a esperienze di apparente fallimento e abbiamo smesso di credere alle altre possibilità che nostro Padre ci offre. Oggi il vangelo ci incoraggia a riprendere il passo e ricominciare da dove siamo. 

 

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,1-9
 
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

 

sabato 12 febbraio 2022

Benedette mancanze

 

Oggi Gesù ci dà un aiuto importante per capire una delle cose più fondamentali nella vita: cosa farcene delle nostre mancanze, dei vuoti, dei limiti che caratterizzano a vari livelli e in vari ambiti la nostra creaturalità. Beati voi… dice Gesù, e lo dice a categorie di persone che non ci aspetteremmo: poveri, afflitti, sofferenti, perseguitati, feriti di cuore, feriti nella carne della loro dignità. Non dobbiamo andare in Africa per vedere queste realtà, basta aprire gli occhi intorno a noi (e dentro di noi). Quanti bambini con genitori in crisi vivono sensi di colpa o sviluppano un sentimento di rifiuto e di non amore. Costruendosi convinzioni sulla vita di tipo negativo, stanno già creando quei filtri mentali sulla realtà che causerà loro tante sofferenze da adulti. Perché allora beati? Guardando alle tante povertà e ai tanti feriti di cuore che Gesù ha incontrato nella sua vita di pellegrino, ci rendiamo conto che è stato proprio Gesù a ribaltare il senso delle mancanze: possono infatti essere una grandissima opportunità perché ci fanno toccare con mano la polvere e così ci mettono nelle condizioni migliori di affidarci a Lui. 

L’affidamento a Maria nello spirito kolbiano vuole arrivare a questo: a umanizzarci a partire dallaccettazione serena della mancanza strutturale che ci caratterizza. Umanizzarci attraverso il nostro donarci a lei, il nostro metterci nelle mani di chi ci ama davvero, il nostro gesto di consegnare a lei noi stessi, vivendoci in relazione con lei in modo costruttivo, da alleati, da figli, da amici. E potendo così anche contare sulla grazia che lei ci dona. E la grazia che Dio elargisce attraverso di lei non si può comprare, si può solo ricevere dentro una relazione di fiducia, di affidamento totale. Massimiliano Kolbe scrive: La nostra potenza consiste nel riconoscere la nostra debolezza e miseria e in una illimitata fiducia nella bontà e nella potenza dell’Immacolata” (SK 301).

Monica Reale

Vangelo Lc 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

 

sabato 5 febbraio 2022

Prendi il largo

 


«Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». È questa la parola centrale del vangelo di questa domenica. È l’invito di Gesù a Pietro e i suoi compagni di pesca. Cos’ha di strano questa parola? Cos’ha di unico? Di strano ha che spinge a fare qualcosa di inutile. Tant’è che Pietro risponde: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla
». Tu mi dici di provare, io ti dico che ci ho provato già tante volte. Il risultato è stato deludente. 

Cos’ha di unico questa parola di Gesù? Di unico ha che invita a fare le cose di sempre, le azioni di prima però invita a farle con un “ma”, con una differenza e questa differenza sta nel fatto che glielo dice Gesù in persona. Perciò Pietro può aggiungere: «ma sulla tua parola getterò le reti». E vanno e pescano così tanto che le barche quasi affondano. 

Cosa dice a noi questa parola? Siamo cercatori instancabili di senso e di vita, di esperienze che ci tocchino l’anima e non solo la pelle. Ebbene, quando ci diamo il tempo per stare con la Parola di Dio, per ascoltare lui, può accadere questa esperienza che ha fatto Pietro. Possiamo sentire una parola che non è generica ma che parla proprio a noi. E non all’orecchio soltanto, ma al cuore. Sentiamo che è per noi. Ci emoziona, ci stimola alla speranza e all’azione. Perciò Pietro quasi si spaventa di fronte a questa esperienza. Si commuove, come noi ci sentiamo piccoli quando facciamo esperienza di Dio, quando vediamo e sentiamo che è lui che sta facendo qualcosa per noi. «Non temere», dice Gesù a Pietro. 

Come non abbinarlo al “non temere” che il messaggero dice a Maria a Nazaret. Anche lì l’esperienza di Dio così ravvicinata spaventa Maria che sente una commozione potente, perché l’amore di Dio è così immenso da non poterlo reggere senza un surplus di grazia. Il messaggio per noi è quello di fidarci di Gesù, cercando la parola per noi tra le tante parole. Non ci riempiamo di parole, non ci perdiamo dietro tutte le notizie che ascoltiamo, riduciamo le fonti di conoscenza, e con Maria custodiamo il desiderio dell’incontro con Gesù, con la sua parola qui ed ora, la sola che può meravigliarci e soprattutto ispirarci passi nuovi. Perché come scrive Massimiliano Kolbe: «Lasciamoci solo condurre dall’Immacolata e lei compirà anche i miracoli, se saranno necessari per la sua causa. Il miracolo rappresenta, forse, una difficoltà per lei?» (SK 812).

Monica Reale

6 febbraio 2022

Luca 5,1-11
Vangelo

In quel tempo mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


sabato 29 gennaio 2022

Colti da stupore

 


Gesù inaugura il suo ministero nella sua città, Nazaret. Non nasconde la sua identità anzi dichiara apertamente che in lui si è compiuta la parola appena letta della Scrittura. Il messaggio è chiaro: il profeta che doveva venire, è venuto, sono io, e sto portando la liberazione ai prigionieri e la libertà in ogni forma di oppressione. Qual è la reazione della sua gente? Non è di entusiasmo, ma di diffidenza: «Non è questo il figlio di Giuseppe? Come fa a essere profeta uno che è come noi?». È tale il rifiuto di Gesù che arrivano a condurlo fuori città con l’intento di ucciderlo, senza mezzi termini. Ma Gesù passando in mezzo a loro, continua il suo cammino.

Potremmo restare scandalizzati da questi concittadini di Gesù così duri di cuore. Ma possiamo anche fermarci a pensare cosa significa questo rifiuto e se ha qualcosa da dire anche a noi. Vedere l’opera di Dio, rendersi conto di come lui sta parlando alla nostra vita non è poi così difficile. Sentiamo che qualcosa dentro ci interpella, ci stimola a cambiare, a fare attenzione a qualche aspetto invece che a un altro. Lo Spirito parla a ognuno singolarmente. Quello che può frenarci dall’aprirci a questa presenza di Dio accanto a noi è l’abitudine, l’essere affezionati alle nostre convinzioni, ai modi acquisiti di vivere, di percepirci e di percepire la realtà. Nelle cose “note” ci stiamo bene, comodi, il problema è che non ci rendiamo più conto che abbiamo fatto delle nostre convinzioni la verità assoluta. E così restiamo chiusi allo stupore, poco allenati a cercare le tracce della grazia nelle circostanze che viviamo.

Come guarire da questi blocchi? Come mantenerci allenati al mistero? Maria, a cui noi ci affidiamo, come ha fatto a riconoscere la grazia nascosta nelle cose? Maria ci mostra un segreto: il custodire nel cuore fatti e parole. Che non vuol dire mettere sotto chiave le cose belle che si intuiscono di Dio, quanto farle costantemente girare nel cuore in modo da tenere questo muscolo sempre riscaldato e pronto a riconoscere Dio all’opera. Massimiliano Kolbe aveva compreso che solo un cuore allenato ad amare poteva custodire il fuoco dell’amore acceso da Gesù e così progredire sempre. È una grazia da chiedere e un esercizio da fare ogni giorno: perché come ha detto papa Francesco “se il nostro cuore si raffredda, quello di Gesù rimane sempre incandescente”. Non ci resta che pazientare con la nostra fragilità e andare ancora una volta con umiltà dal Signore, a chiedere occhi per lasciarci stupire e calore per curare le nostre inevitabili tiepidezze.

Monica Reale 


Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,21-30
 
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

La Via della felicità