sabato 26 settembre 2020

Il sì che cambia tutto

 


Un no che diventa sì e un sì che nasconde un no. Nel vangelo di questa domenica Gesù ci fa entrare in un’altra storia, quella di un uomo che ha due figli e chiede a entrambi di andare a lavorare nella sua vigna. Il primo non ne ha voglia e gli dice un bel no, ma poi riflette e sceglie di andarci. Il secondo invece subito risponde al padre con un convinto “sì, signore”, ma poi non va. Gesù allora chiede a noi: chi dei due ha ascoltato suo padre? Noi, come i discepoli del vangelo, rispondiamo: “il primo, ovviamente!”. Risposta esatta. Ma cosa vuole dirci il Signore? Il punto nodale della storia sta in quel “si pentì e andò” che parla di un cambiamento, di una trasformazione. Mostra che il cuore si è lasciato mettere in discussione dalla parola che il padre gli ha rivolto, mentre l’altro figlio se la lascia scorrere addosso, dimostrando di non importarsene nulla.

Quanto siamo disposti a rivedere le nostre idee, le nostre visioni della vita, i nostri schemi mentali, le nostre convinzione assodate? Quanto siamo disposti a prendere sul serio Dio e la sua parola rivolta a noi? Quanto interesse abbiamo per la nostra felicità? L’abbiamo a cuore oppure no? C’è un momento, che è quello decisivo della vita, in cui si smette di alzare barriere e di costruire muri e ci si arrende alla presenza di Dio, che bussa alla porta del cuore con delicatezza e anche nello stesso tempo con forza, la forza dell’amore. Ebbene, se in quel momento, invece di svalutare la parola che ci arriva alle orecchie, noi la accogliamo, ci lasciamo incuriosire, toccare, interessare, allora accade l’incontro con lo Spirito di Cristo. Non esiste altro modo per incontrare Dio se non attraverso la resa interiore. Perciò solo i piccoli si lasciano incontrare, cioè quelli che sanno perdere se stessi.

Il secondo figlio invece ci tiene tanto a tenersi stretta la sua esistenza e ha un atteggiamento rigido e strutturato: dice di sì, ma poi non fa, e questa incoerenza non gli causa nessun problema di coscienza. È tranquillissimo con la sua contraddizione interna. Il suo cuore è lontano dal padre, che pure lo ama a tal punto da chiedergli di collaborare con lui e aiutarlo nella vigna, ossia tradotto in termini teologici, aiutarlo a diffondere nel mondo il suo amore.

Oggi siamo messi sottosopra da Gesù, che ci viene incontro con questa parola in apparenza semplice e invece tagliente, perché ci mostra la dinamica fondamentale del nostro spirito: davanti all’amore di Dio e alla sua proposta di una relazione personale, come prima reazione indietreggiamo, perché siamo feriti dal peccato e abbiamo paura; ora, se ci lasciamo mettere in crisi e siamo elastici, persone che sanno mettere in discussione se stesse e che non si irrigidiscono nelle proprie posizioni, allora possiamo fare l’esperienza fondamentale della vita, incontrare Dio. Sì, abbiamo questo potere. Con un sì o un no abbiamo il potere di farci santi o di restare a bocca asciutta, naufraghi della vita e senza un Padre nelle cui braccia riposare.

 

27 settembre 2020

Mt 21,28-32
XXVI Domenica nell’anno
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: «Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna». 29Ed egli rispose: «Non ne ho voglia». Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: «Sì, signore». Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

 

sabato 19 settembre 2020

Le vie amorose di Dio

 


Dio è fuori dagli schemi, i suoi pensieri non sono i nostri, le sue vie non sono le nostre. Il vangelo di questa domenica ci parla di un comportamento di Dio davvero strano. Si paragona a un proprietario terriero che esce in differenti momenti della giornata per cercare lavoratori per la sua vigna. Va all’alba, esce alle 9.00 pi a mezzogiorno e infine alle 17.00. A ogni uscita trova operai che vanno al lavoro. Cosa c’è di strano?

Quello che accade al momento della paga. Quando a fine giornata gli operai della prima ora vanno a ritirare la busta paga, fanno l’amara esperienza di vedere che è la stessa di quelli dell’ultima ora. Ma come? Hanno lavorato solo qualche ora e ricevono come loro che sono stati a faticare tutto il giorno? Sono invidiosi, eppure il datore era stato giusto con loro, perché aveva pattuito la somma che poi effettivamente gli aveva dato. Non riescono a essere felici che quei poveretti dei loro sfortunati compagni siano stati salvati all'ultimo momento. 

Dio ha una logica divina, e per fortuna! Il suo desiderio è elargire con sovrabbondanza il suo amore, il suo perdono per guarire i cuori e le esistenze malate dei suoi figli che siamo noi. A lui interessa risanarci e rimetterci in piedi, e il suo amore non è riservato a uno piuttosto che a un altro. “Io non credo” dice qualcuno “perché non ho ricevuto la grazia che ha ricevuto quel tal santo o beato”. Gesù qui ci dice che non è così: lui non fa distinzioni, la pioggia del suo amore bagna tutti i campi, ma ci sono campi meno ricettivi che si difendono dall’acqua e la fanno scivolare via.

Occorre aprire il cuore, affidarsi davvero. Questo lo capiamo anche dal dettaglio importante del vangelo di oggi, quando è detto che gli operai “andarono nella vigna”. Chiamati, vanno. Ascoltano e fanno, mettono in pratica. Si aprono cioè alla fiducia.

 E noi, quando il Signore ci chiama, quando sentiamo che ci sta ispirando certe scelte, certi cambiamenti, quando percepiamo che dentro il cuore ci sta chiedendo di lavorare su alcune parti di noi perché magari non ci stiamo orientando nella giusta direzione, siamo disposti ad andare? Ad ascoltarlo e seguirlo? A lasciarci condurre? San Massimiliano Kolbe diceva: «La cosa più importante è che l’Immacolata viva nella nostra anima. Dobbiamo approfondire il nostro affidamento e la sua azione in noi. Come fare in pratica? Sappiamo bene che non possiamo da soli, perché ciò supera le nostre forze. Solo l’Immacolata deve e lo farà nella misura in cui vuole. Da parte nostra, però, dobbiamo soddisfare qualche condizione: dobbiamo volerlo veramente. Finché la nostra anima non lo vorrà, neppure l’Immacolata potrà fare niente. È molto importante non volersi guidare a modo proprio, ma permetterle di condurci liberamente (cf. Conferenze.

Monica Reale

20 settembre 2020

Mt 20,1-16
XXV Domenica nell’anno
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:" 1 Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: «Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò». 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: «Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?». 7Gli risposero: «Perché nessuno ci ha presi a giornata». Ed egli disse loro: «Andate anche voi nella vigna».
8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: «Chiama i lavoratori e da' loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi». 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: «Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo». 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: «Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?». 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

 

sabato 12 settembre 2020

Perdonati perdoniamo

 

Cuore di questo vangelo è la compassione, l’abbraccio di Dio, capace di condonare un debito grandissimo, impossibile da pagare. Attraverso il racconto di un re e dei suoi servi, Gesù vuole farci entrare nel mistero della sua vita donata per noi. È lui che ha pagato il debito che pesava sulle nostre spalle e che mai avremmo potuto estinguere. Lo ha pagato restando sulla croce, senza usare il suo potere per liberarsene. E così, con l’amore, ci ha salvati.

Con le sole nostre deboli forze non riusciamo a risolvere la vita, non usciamo dalla rete dei nostri ragionamenti, delle nostre impotenze e dei nostri rancori. Il servo del racconto è presentato mentre “prostrato a terra, supplicava il re” dicendogli: “Abbi pazienza con me e restituirò ogni cosa”.  E il re, mosso a compassione, lo libera. Immaginiamo lo stupore di quell’uomo che si vede liberato all’improvviso di un peso immenso! Chi fa quest’esperienza rinasce e la sua gioia è incontenibile… ma poiché siamo liberi, possiamo anche sciupare il dono e non farne tesoro. Quel servo infatti, invece di liberare a sua volta gli altri, si accanisce contro un suo debitore. Non ha compassione, e lo fa gettare in prigione. Forte la domanda del re: “Non dovevi avere anche tu pietà come io ne ho avuta per te?”.

Com’è possibile che liberati da Cristo possiamo ricadere in schiavitù e decidere di non perdonare chi commette qualche errore verso di noi? “Cristo ci ha liberati per la libertà”, dice san Paolo. Ma nulla è automatico in noi. Perfino la memoria del nostro incontro incandescente con il Signore può vacillare davanti ai colpi della vita. Quale rimedio? Noi che ci siamo affidati a Maria troviamo in lei la possibile risposta. Maria non ha dato per scontato il dono di Dio, quando l’angelo se n’è andato, ha tirato su le maniche e ha cominciato a lottare affinché quella luce mai tramontasse, e la lotta è diventata sempre più dura fino alla prova massima, la morte del figlio. In quell’abbandono di Maria troviamo la risposta: nel suo sì, nella sua sconfinata fiducia nella misericordia del Padre troviamo le ragioni per continuare a lottare anche noi. Sì, perché amare è lottare, come perdonare, lottare affinché nonostante tutto dica il contrario, la speranza della liberazione del cuore nostro e altrui assume i contorni della certezza di fede. E si tratta allora di perseverare nella fede, sperando contro ogni speranza.

13 settembre 2020

Mt 18,21-35
XXIV domenica nell’anno

In quel tempo 21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: «Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa». 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: «Restituisci quello che devi!». 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: «Abbi pazienza con me e ti restituirò». 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: «Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?». 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

 


sabato 5 settembre 2020

Accordati dallo Spirito



«Se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Queste parole di Gesù hanno la forza di scaraventarci dalla parte opposta a quella in cui ci troviamo per la potenza che contengono. Parole che “rovesciano”, per usare una parola mariana cioè un verbo che Maria di Nazaret ha usato quando ha voluto sottolineare una delle azioni con cui il Signore agisce nei confronti dell’umanità. Se Dio scuote l’uomo è solo per aiutarlo a togliersi di dosso la polvere che lo appesantisce e per fargli ritrovare la gioia semplice di sentirsi figlio amato, a cui nulla manca per essere felice. Perché ha l’amore di suo Padre che è nei cieli.

Ma perché questa parola ci sconvolge così tanto? Perché ci dice che dove c’è sintonia di cuori, dove ci si vuol bene, dove si impara a perdonarsi e a camminare insieme, allora nel pregare insieme può accadere il miracolo della trasformazione dei cuori e delle situazioni. Gesù sembra dire che le cose tante volte non cambiano in meglio perché non c’è armonia e quindi neppure la forza, l’intensità di una preghiera comune e condivisa. Maria aveva fatto un’esperienza molto forte a Pentecoste: vivendo in sintonia con i discepoli e pregando sinceramente insieme, lo Spirito Santo si era effettivamente materializzato e aveva fatto sentire la sua potenza e presenza. Il Padre concederà ciò che gli chiediamo quando siamo tra noi in accordo.

Allora la nostra principale preoccupazione può essere quella di coltivare un cuore umile che chiede costantemente la grazia di farsi animatore delle situazioni in cui si trova. Maria con la sua presenza ha scaldato il cuore degli altri e così l’ambiente si è riempito di vita, di gioia. Non è vero che per essere felici abbiamo bisogno di gioie costruite, per esserlo abbiamo solo bisogno di vivere relazioni riconciliate, attraverso cui far passare la vita dello Spirito Santo. Occorre solo un ingrediente, molto ma molto difficile da digerire per la nostra natura ferita: l’umiltà, quell’atteggiamento profondo con cui guardiamo all’altro come fratello, perché ci siamo davvero fatti spogliare dalla vita, abbiamo cioè rinunciato a voler avere un qualche vantaggio e pieni dell’amore di Cristo siamo disposti a perdere.

6 settembre 2020

Mt 18,15-20
XXIII Domenica nell’anno
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:" 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. 19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

 

La Via della felicità