mercoledì 31 agosto 2016

Kolbe e l'adorazione

Nel ’40, rientrato in convento dopo la prima esperienza di prigionia, padre Kolbe e i suoi frati danno inizio all’adorazione perpetua. Il tratto più mariano di san Massimiliano in fondo è questo: l’adorazione di Gesù. Maria ha adorato Gesù accogliendolo con tutta se stessa, facendogli spazio e diventando sua prima e perfetta discepola, nella più profonda umiltà, pur essendo sua madre. Si è inginocchiata davanti a Gesù e alle sue vie, e così è stata felice. 

Nell’adorazione la nostra anima può lasciarsi amare e risanare in profondità da una presenza che è capace, per la forza dello Spirito Santo, di armonizzare tutti i livelli: psico-fisico e spirituale. Senza adorazione ci si ammala. Per questo Massimiliano amava tanto l’adorazione: perché aveva scoperto che la vicinanza con Gesù era capace, da sola, di riportare il sole nel grigiore e la pace nelle difficoltà. 

Affidarsi a Maria significa anche guardare al suo esempio e nessuno più di lei può insegnarci la via della vera adorazione di Gesù. 

sabato 13 agosto 2016

Massimiliano Kolbe, debolezza e santità


14 agosto – festa di san Massimiliano Kolbe

«Io pure sono debole e capace di cadere ad ogni istante, qualora l'Immacolata ritraesse la propria mano infinitamente misericordiosa; anzi, al giudizio di Dio vedremo se non è vero che io sono stato molto più debole di voi e se non è stato proprio per questo che l'Immacolata si è degnata di mostrare attraverso me quelle meraviglie che avete visto con i vostri occhi, che avete udito in Polonia e che state guardando anche ora. Nelle opere dell'Immacolata, infatti, avviene di solito così».

Se è vero che i santi sono stati uomini e donne come noi, deboli e tentati, questo è evidente anche dalle stupende confessioni che san Massimiliano ha lasciato, come questa scritta dal Giappone, dove nel ’30 era iniziata la nuova realtà della Città dell’Immacolata con gli “occhi a mandorla”. Quello che sentiamo di dover fare sempre più nostro, se vogliamo anche noi essere santi, è arrenderci alla nostra personale debolezza e incapacità e lasciare che Dio operi liberamente in noi.

Capire questo non è sufficiente, ovviamente. Ma se il nostro cuore è attratto e convinto da questa verità, allora possiamo incamminarci sereni sulla strada delle vera gioia in cui il Signore ci assisterà sempre accompagnandoci passo passo fino al pieno compimento del suo progetto di amore. Occorrano anni, tempi lunghi, perché il nostro spirito si lasci formare e trasformare, per cui abbiamo bisogno di pazienza, di entrare in quel laboratorio che è la nostra vita e permettere a Dio di lavorare.


Le meraviglie di cui parla padre Kolbe e che Maria riuscì a operare attraverso di lui sono dovute proprio alla sua umiltà, al fatto che Massimiliano un giorno si arrese alla sua debolezza e su questa basò tutta la propria forza, con fiducia e ottimismo. Il peggio che gli poteva capitare, ne era convinto, era morire, ma questa eventualità la considerava un dono e un bellissimo regalo, perché sarebbe andato prima in cielo, in paradiso. Leggerezza di un cuore santo che se è diventato santo è stato grazie alla sua umiltà che gli ha fatto occupare senza resistenza quel posto che Dio nella sua bontà gli aveva proposto. Che padre Kolbe ci ispiri e ci dia la sua gioiosa leggerezza di vivere!

domenica 7 agosto 2016

Dov'è il tuo tesoro




































«Siate pronti» questo l’invito di Gesù nel Vangelo di oggi (cf. Lc 12,32-48). Quella che ci viene offerta è una prospettiva diversa di vita: porci cioè nell’ottica di chi è presente a se stesso, capace di cogliere il senso pieno di quello che fa e che è, concentrato su ciò che conta e su quello che il Signore, attraverso tanti canali, gli indica come suo volere. Una vita non sbandata, ma che appartiene a qualcuno a cui ci si è affidati come il tesoro più grande. Lo scopo della vita è cercare il Signore finché non lo si è trovato, o meglio finché non ci si lascia incontrare da Lui. Da questo momento in poi può iniziare una fase nuova, quella in cui si vive la propria vita come una missione, con la coscienza di chi ha già trovato il suo tesoro e ha come compito quello di seguirne le ispirazioni.

L’affidamento a Maria come dono totale di sé ha proprio questo obiettivo: aiutarci a sgombrare il cuore dai tanti ostacoli e dalle tante resistenze anche inconsce per poter ricevere il dono che Gesù desidera farci di se stesso. A Maria noi chiediamo che ci aiuti a liberarci dai condizionamenti – culturali, sciali, personali – per permettere a Dio di poterci lavorare e modellare come piace ai suoi occhi. Il Signore non fa tutto da solo, però. Ha bisogno di noi, che la creta del nostro cuore voglia accogliere la sua azione. Altrimenti, Dio attende, con rispetto anche se con dolore. E allora in che modo possiamo contribuire?


Là dove è il tuo tesoro, è anche il tuo cuore. Fatti un tesoro sicuro nei cieli, ci suggerisce lo Spirito. Proviamo, come ha fatto Maria, prima discepola di Cristo, a fissare l’attenzione del cuore su ciò che ci ispira fiducia in Dio. Esercitiamoci a coltivare pensieri e sentimenti di amore e di pace, nutriamoci di immagini positive, che siano capaci di muovere quelle parti più nobili del nostro spirito, diamoci concretamente da fare per pregare, adorare, fare il bene, attraverso piccoli e grandi gesti di attenzione e di bontà. Prendiamoci cura di quello che mettiamo nella mente, nel cuore, nell’immaginazione. Non è secondario, si tratta invece di un indispensabile lavoro di purificazione che giorno per giorno ci aprirà alle prospettive di Dio. La fede si rafforza vivendola. Mettendola alla prova della propria vita. Provando sul serio a fondarvi tutta l’esistenza. Chi avrà avuto questo coraggio, come Maria, scoprirà che il tesoro che gli viene incontro è una Persona, Gesù, e allora avrà finito il viaggio, per incominciarne uno nuovo, finalmente libero e consapevole.  

La Via della felicità