sabato 30 novembre 2019

Tenersi pronti


Iniziamo l’Avvento, tempo di attesa e di desiderio, con l’invito stesso di Gesù ad essere vigili, attenti, pronti. Ma attenti a che cosa? Il discorso del Signore si riferisce alla fine della storia, al momento cosmico della parusìa, del suo ritorno definitivo, quando il male sarà definitivamente e per sempre messo a tacere, e ci sarà soltanto la realtà del Paradiso, della gioia e della felicità eterna nell’abbraccio con Dio. Ma facciamo un passo indietro. Gesù paragona questo momento ai tempi di Noè, quando, davanti al disastro ormai vicino, le persone vivevano come se niente fosse, ignare di tutto, perse in mille affanni e occupazioni, senza accorgersi di alcuni segni che indicavano il momento forte che si stava avvicinando. Solo Noè ascolta la sua coscienza e intende la voce di Dio e si mette a costruire quell’arca che sarà la sua salvezza. 
Una volta Gesù aveva detto: quando tornerò, troverò la fede sulla terra? Il Signore in questi 2000 anni e più, ha fatto tutto per l’umanità, ha donato se stesso, ci ha dato il suo Spirito, ci ha resi membri della sua Chiesa dove siamo nutriti e risanati nell’intimo dalla grazia, ci ha donato sua madre come madre spirituale, ha suscitato tanti santi – noti e non – che sono stati e sono, con la loro vita donata, il loro amore e la loro misericordia, un segno della presenza paterna del Signore. Eppure quanta noncuranza verso il Signore, quanta incapacità di fermarsi e di accorgersi che lo Spirito di Gesù è già in noi e attende solo il nostro sì per farsi sentire, toccare e sperimentare. Se di Dio non si fa esperienza, non c’è fede. C’è solo illusione, idea di Dio, ma non incontro reale con lui. Allora questo “tenersi pronti” di cui parla Gesù nel vangelo non riguarda solo il futuro, ma il qui ed ora. Gesù già viene, come potrebbe non essere così dal momento che abita in noi? Il paradosso però è che deve invitarci a stare attenti alla sua presenza, a riconoscerlo, ad accorgerci perché noi siamo con la testa e con il cuore altrove, forse quasi completamente identificati con il ruolo che abbiamo, col lavoro che svolgiamo, e con tante altre identità, spesso faticose da portare, mentre Dio ci attende per liberare la nostra vera identità, quella che non ci hanno attaccato addosso gli altri, ma è suo dono, ed è l’identità di figli amati. Il succo di tutto questo discorso di Gesù ha il sapore dolce del desiderio. 
Dio desidera stringere una relazione sempre più autentica e fiduciosa con noi, vuole vederci sereni nella relazione con lui, felici di potergli parlare a tu per tu, nella semplicità dei nostri giorni, per discernere e scegliere con lui le piccole o grandi cose della vita. Per affrontare con lui i momenti bui, quando è impossibile superare l’impotenza e il limite e c’è solo una via da percorrere, ed è l’affidamento totale a lui, il sentirsi come bambini nelle sue mani. Com’è semplice il messaggio di Gesù eppure quanta durezza di cuore e incapacità di ascoltare solo lui, lasciando l’attaccamento al nostro io, al nostro modo di percepire e vedere, per abbracciare la sua modalità di guardare alla vita. 
Questa è la fede pura di Maria, assoluta, immensa, capace di credere fermamente al Signore e alla sua Parola più a che all’evidenza della vita. A volte non ci lasciamo consolare da Dio e dalla sua Parola perché siamo troppo attaccati alla nostra tristezza sterile. Al nostro ripiegarci su noi stessi, al nostro intestardirci che le cose sono come sono e non possono essere altrimenti. Mentre Gesù ci dice che con la fede noi possiamo smuovere le montagne! L’affidamento a Maria ci aiuta a spostare il baricentro da noi al Dio e a scoprire che stando così sbilanciati non cadiamo affatto anzi entriamo nella vita nuova e libera dei figli di Dio, che tutto possono perché è Dio che gliene dà la forza. Se viviamo da figli, quando nostro Padre verrà, non saremo tristi, ma saremo capaci di corrergli incontro, sapendo che asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi e ci farà vedere oltre, dove la vita ha l’ultima parola.
1 dicembre 2019
Mt 24,37-44
I domenica di Avvento
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata. 42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.»

sabato 16 novembre 2019

Non curiosi ma fiduciosi


La cornice nella quale è inserito il discorso di Gesù nel vangelo di questa domenica è il tempio di Gerusalemme, splendente di bellezza con la sua architettura maestosa e le sue pietre preziose, tanto che nell’immaginario comune si pensava che solo chi poteva vederlo nella vita poteva fare esperienza della bellezza: lì risiedeva lo spirito del Signore. Mentre alcuni elogiano questo splendore, Gesù fa un discorso diverso: dice che verranno giorni in cui il tempio sarà distrutto. E quando gli chiedono, curiosi, quando avverrà, Gesù ne approfitta per dare un importante insegnamento sulla vita. Non bisogna preoccuparsi di sapere quando il mondo finirà o voler sapere il proprio futuro. Non bisogna ascoltare chi dice di saper leggere nel futuro o afferma di sapere quando i tempi finiranno. Si tratta di una curiosità insana, perché ciò che sta a cuore a Dio non è che noi abbiamo il controllo delle cose, come piacerebbe  a noi, ma che noi ci affidiamo a Lui, appoggiamo la nostra esistenza sulla roccia salda del suo amore. 
Gesù si sofferma a dare uno sguardo sulla storia perenne del mondo, fatta di ostilità, guerre, inimicizie, e anche persecuzioni contro i cristiani. Gesù ci dice di non temere, quando anche dovesse capitare di essere osteggiati perché siamo suoi figli, non dobbiamo preoccuparci di cercare le parole per difenderci, di cercare cioè strategie umane di salvezza: lui ci darà “parola e sapienza”, tanto che chi ci è contro non potrà fare nulla. Siamo nelle sue mani. Questo messaggio è di una straordinaria consolazione: siamo figli amati, non siamo gettati nel mondo a casaccio, dentro eventi casuali, siamo invece accompagnati e aiutati a trovare la rotta mentre viviamo i nostri giorni, fatti certamente di momenti lieti e di altri segnati da difficoltà e sofferenza. Ma ciò che conta è “perseverare”. Gesù conclude dicendo: “con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. 
Tutto il quadro delineato in questo brano sembra proporci lo spettacolo della vita, questa navigazione sul mare instabile dell’esistenza, dove però se diamo il timone a Cristo possiamo stare saldi, aggrappati a lui, anche se il mare è in tempesta. 
L’affidamento a Maria, nell’aiutarci a metterci nelle mani di Dio, è una vera assicurazione sulla vita. Avendo una madre che conosce la nostra fragilità e incostanza, sperimentiamo il suo venirci incontro, il suo esserci madre, perché il suo compito è unicamente quello di raccoglierci sotto il suo manto e portarci al porto sicuro dell’amore del Padre. La presenza di Maria nella nostra vita è una realtà, e il pensare a lei, e il rimetterci a lei ogni giorno ci aiuteranno nel tempo a conoscerla e amarla sempre di più, e a sentirne la protezione. Anche lei ha attraversato tante tempeste nella sua vita, ed è stato il suo guardare fisso a Gesù a permetterle di restare salda fino alla fine. Guardando a lei ci rassicuriamo perché entriamo nella dimensione della fiducia che è la nostra perla preziosa, la perla dell’affidamento a lei, la forza spirituale capace di muovere le montagne e trasformare la nostra intera esistenza.

17 novembre 2019
Lc 21,5-19
XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: «Sono io», e: «Il tempo è vicino». Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.



sabato 2 novembre 2019

Guardati, vediamo


«Zaccheo fu guardato e allora vide»: in sintesi - come un distillato che scende direttamente nelle fibre dell’essere - sant’Agostino descrive la dinamica umana e spirituale che accade nel vangelo di questa domenica tra Gesù e Zaccheo. Esiste un punto di non ritorno nel cammino della vita, ed è l’incontro con Gesù, il Risorto. Un’ora, un istante, un giorno di grazia in cui lo Spirito irrompe e niente è più come prima. Un velo pesante cade dagli occhi e ci si sente come quando si fuoriesce dall’acqua del mare dopo avere fatto il primo tuffo della propria vita. Con quella strana sensazione di vedere le cose diversamente, sotto un’ottica nuova. Perché si è sperimentata l’immersione in un nuovo elemento. Solo che per la relazione con il Signore la potenza di questa rivelazione è enorme, ha un impatto tale da trasformare totalmente le persone, mettendole sottosopra e rivolandole da cima a fondo. Qualcosa di simile a un innamoramento, però all’ennesima potenza. Dio però normalmente non arriva di punto in bianco da una persona che non lo cerca né lo desidera. In genere lo Spirito prepara il terreno affinché il desiderio di incontrarlo possa favorire l’incontro stesso. È un lavoro silenzioso ma reale che lo Spirito fa dentro di noi, suggerendoci di aprire almeno un po’ la porta del cuore alla sua azione. Non parla con parole udibili, parla al cuore, come ispirazione, come intuizione e poi anche con parole più esplicite, attraverso la parola viva del vangelo. 

Se ascoltiamo con attenzione i verbi relativi a Zaccheo sentiamo che lui “cercava” di vedere Gesù, e perciò si mise a “correre” e, non riuscendo a vederlo, a causa della folla che premeva da tutte le parti, essendo anche di bassa statura, ebbe l’idea geniale di salire su un albero di Sicomoro. Sicuramente pensò che da lassù, nel momento in Gesù sarebbe passato, lo avrebbe potuto vedere. Ci commuove questa figura di Zaccheo, perché Zaccheo siamo noi tutti assetati di senso, di amore e di eternità, di salvezza e liberazione. La sua sete è la nostra sete. Sempre Agostino ci ricorda che la “vita è tutta un santo desiderio”, che sarà colmato pienamente in cielo. A noi interessa però questo: la ricerca di Gesù, quando è sincera, porta sempre all’incontro. Non è vero che Dio si tiene lontano da noi, che è irraggiungibile, è vero invece che sono le nostre difese, spesso alte come mura robuste, a impedirgli di rivelarsi. Zaccheo ha avuto un cuore semplice, capace di riconoscere il suo profondo bisogno di salvezza. Ed è accaduto il miracolo! 

«Zaccheo fu guardato e allora vide». È stato infatti Gesù stesso, mentre camminava, a scegliere di fermarsi esattamente al di sotto dell’albero di sicomoro, e da laggiù ha alzato gli occhi verso quello strano uomo arrampicato tra i rami. E chiamandolo per nome lo ha invitato a scendere, dicendo: “Oggi devo fermarmi a casa tua”. Zaccheo, non se lo fece dire due volte e subito scese e non stando nella pelle per la gioia gli aprì le porte della sua casa. E senza che Gesù gli avesse detto nulla, decise di restituire il denaro che aveva rubato riscuotendo tasse con un surplus aggiunto. Ora Zaccheo vedeva, vedeva la verità di sé e lo poteva fare perché si sentiva guardato da Dio, guardato con infinito amore. Questa è la salvezza, questa è la dinamica di liberazione dalle tante forme di schiavitù interiore che Gesù viene a spezzare anche ora per noi. «Oggi per questa casa è venuta la salvezza», io infatti sono venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto. 

Affidarci a Maria, che ha desiderato Dio più di ogni creatura, e che desidera che anche noi ci apriamo a lui allo stesso modo, è la via migliore per riscaldare il cuore e farsi toccare dai raggi della grazia. Massimiliano Kolbe, che a Maria ha voluto donarsi interamente, ha imparato da lei a desiderare senza limiti. Ha compreso che più ci si affida, più l’amore cresce, perciò ha potuto dire che ciò che conta è “essere sempre più dell’Immacolata, approfondire l’appartenenza a lei, e di conseguenza sciogliere sempre di più le ali dell’amore, soprattutto verso il cuore di Gesù e le manifestazioni del suo amore (SK 1284).
3 novembre 2019
Lc 19,1-10
XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
In quel tempo, Gesù 1 entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

La Via della felicità