Questo
brano di guarigione precede l’ingresso a Gerusalemme, dove Gesù affronterà la
prova della sua passione e morte. Marco vuole darci un messaggio molto forte
con questo incontro unico e indimenticabile rimasto nella memoria affettiva dei
cristiani di tutti i tempi, e anche nostra.
Col suo solito stile sobrio e senza
fronzoli, Marco affonda lo sguardo lì dove sguardo non c’è per mostrare fin
dove arriva la potenza spirituale di Gesù, cosa può fare la sua vicinanza, l’affidarsi
sul serio a lui. Bartimeo era cieco, mendicante, e in quel di Gerico
trascorreva i suoi giorni al buio, senza poter dare forma al suo dolore, tenuto
dentro l’anima come un fuoco distruttivo. Quante volte avrà sentito la vita
scorrere intorno a lui e quante volte avrà desiderato la normalità, poter
vedere il volto di chi gli stava accanto, poter costruire relazioni, amicizie,
avere la possibilità di accorgersi di tutti quei piccoli e grandi dettagli che
solo la vista sull’altro può offrire.
Con quel morso di solitudine e dolore,
nel sentire che stava passando accanto a lui niente meno che il famoso maestro
guaritore, Bartimeo cominciò a gridare con tutta quanta l’energia aveva in
petto e in gola. Dalle sue labbra inaridite era uscita quella preghiera tanto
cara poi alla tradizione cristiana orientale - “Gesù abbi pietà di me!” - che
riuscì a ottenergli la grazia sperata. I discepoli e quanti erano attorno a
Gesù gli imposero di tacere, ma lui prese a gridare ancora di più. Fu questa
sua ostinazione e determinazione a far sì che Gesù lo ascoltasse e si fermasse.
“Chiamatelo!”. Una vocazione, una voce che differente dalle altre spacca quel
muro di dolore e isolamento insopportabile e fa sentire Bartimeo vivo e
rispettabile, non più invisibile, ma riconosciuto finalmente nella sua dignità.
E qui avviene quella che è una della scene più belle mai raccontate nei Vangeli.
Bartimeo getta via il mantello – che era la sua unica protezione –, balza in
piedi come il ferro davanti alla calamita e corre verso Gesù. A questo punto
Gesù inaspettatamente lo fulmina col suo amore, dicendogli: “Che cosa vuoi che
io faccia per te?”. Bartimeo non se lo fa ripetere un’altra volta e risponde
deciso che vuole vedere. E Gesù lo invita a tornare a vivere, perché la sua
fede lo ha salvato. Quale la reazione di Bartimeo? Subito vede di nuovo e segue
Gesù lungo la strada. Salvato e chiamato. Marco vuole farci capire che per entrare
nel mistero di un Dio pronto a morire per noi (subito dopo Gesù entra a
Gerusalemme) è necessario farsi mettere sottosopra da lui, lasciarsi trasformare
dal suo spirito, dall’incontro concreto e reale con lui. Soltanto un’esperienza
forte di Gesù può farci lasciare tutti i mantelli di questo mondo per ritrovare
noi stessi in quello specchio senza macchie che è il vangelo. Che ci cambia, ci
rende nuovi, ci fa vivere atteggiamenti e comportamenti completamente diversi
dal mondo, perché non vengono dall’egoismo e dai condizionamenti culturali, ma
dalla sorgente dello Spirito, che apre gli occhi del cuore e ci rende veramente
umani. Capaci di compassione, di verità nella carità, di trascendenza. Di saper
vivere e vedere oltre l’immediato.
L’affidamento a Maria vissuto e interiorizzato
è questo “addio al mantello” che ci fa fare un salto di qualità nella vita
dello Spirito. Non si tratta più di mendicare senso e amore, ma di lasciarsi
attrarre da Gesù, dal suo amore provato per noi. Maria come il cieco di Gerico
ha saltellato nelle vie di Dio, e anche quando il passo si è fatto pesante per
il peso del dolore, la sua fiducia l’ha fatta vivere in un ambiente di vita differente,
stranamente e misteriosamente leggero, sereno, pacificante. Maria ci indica la
via per affidarci. Affidarsi non è spontaneo, semmai spontaneo lo è difendersi.
Affidarsi è la meta di chi ha prima sperimentato il suo niente, si è reso conto
del suo niente, ha accolto il suo niente, e poi quando ha toccato il fondo, si
è aperto a Gesù che passava. Sì, l’affidamento a Maria è un dono grande, come
diceva Massimiliano Kolbe, il dono migliore, ed è possibile viverlo per tutti,
perché Maria è madre di tutti. Proviamo, gettiamo via il mantello, saltiamo
dove ci attira il cuore. Sarà lei a farci incontrare suo Figlio, come e quando
vorrà.
28 ottobre 2018
XXX domenica del tempo Ordinario
Mc 10,46-52
Mc 10,46-52
In quel tempo Gesù e i suoi discepoli giunsero a Gerico.
Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio
di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo
che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù,
abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli
gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si
fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio!
Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e
venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per
te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli
disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva
lungo la strada.
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