Si
pentì e vi andò. In questo movimento esistenziale di ritorno a se stessi
sta il messaggio centrale del Vangelo di questa domenica (cf. Mt 21,28-32). Gesù
racconta un’importante parabola che ha per protagonisti un padre e due figli. C’è
un campo di lavoro – la vigna – e c’è la richiesta del padre perché vadano a
lavorarla. Il primo figlio a cui si rivolge non ne vuole sapere, risponde come
pensa e se ne lava le mani. Il secondo invece ha la risposta pronta, sembra non
aspettare altro e fa una gran bella figura davanti al padre. Peccato però che
le parole – per entrambi – si riveleranno diverse dalle azioni. C’è una incongruenza
notevole tanto che quello che ha detto no, alla fine va, mentre l’altro che ha
detto di sì, alla fine non va. Una parabola intrecciata che richiede un po’ di
tempo per essere assimilata. Perché la prima impressione è che non si sa chi si
ha davanti. Chi è il figlio coerente e chi no lo è.
Entrando nel testo, però,
ci rendiamo conto di capire bene il discorso di Gesù. Finché non c’è un vero cambiamento
del cuore e della persona tutta intera, non c’è capacità di vivere come figli,
di essere cioè familiari di Dio, di essere persone credenti. Gesù e il Vangelo
devono penetrare nelle ossa, nelle viscere, devono entrare dappertutto e dare
nuova forma al nostro spirito, a partire dal cambio di mentalità. Il primo figlio
ci ricorda tanti ragazzi che vediamo nelle nostre famiglie ma anche tanti
adulti. Di Gesù e di Chiesa non ne vogliono sapere, fanno muro, s difendono dai
discorsi religiosi, tagliano corto quando qualcuno vuole fargli una proposta di
fede. L’apparenza sembra dire che sono lontani, ma in verità dovunque si
trovano saranno sempre e comunque in Dio, che lo sappiano o meno, che ne siano
coscienti o no. Paolo Ricca ha detto che Dio è Dio dell’uomo prima ancora di
essere Dio del cristiano. In effetti al di là di quello che possiamo suscitare
noi con la nostra mediazione, lo Spirito del Signore che è appunto Signore di
ogni cuore sarà sempre più informato di noi circa lo stato interiore delle
persone. La partita si gioca tra il cuore umano e Dio, è quella la tensione
viva che ogni giorno anima dal di dentro la vita di ogni persona.
Allora ciò
che conta è che nel cammino della vita a un certo punto accada la presa di coscienza:
si pentì e andò. Penso che sia questa dinamica uno dei frutti più belli dell’affidamento
a Maria, perché quando mettiamo con fiducia la nostra vita nelle sue mani, lei,
in quanto vera Madre della grazia, ci aiuta a farci modellare dallo Spirito e
favorisce la sua azione in noi. La sua opera materna è dispositiva, ci prepara cioè
a ricevere il dono, lo Spirito Santo che Gesù ha promesso di dare “sempre” e in
modo “certo” a chiunque glielo domanda nella preghiera. Maria ci aiuta a
pentirci, convertirci e andare, là dove il Signore ci precede per nuove
chiamate e nuovi approdi.
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