
E
in questo percorso di crescita intenso e doloroso, Maria ci accompagna sia come
Madre che come guida. Come guida ci consiglia, senza però mai prendere il nostro
posto, senza sostituirsi alla nostra libertà. Come Madre intercede per noi, ci
abbraccia, ci aiuta, ci ottiene grazie e benedizioni. Inoltre ci fa da modello,
da specchio. Anche lei ha imparato da Dio – riflesso nel volto di suo Figlio –
la compassione. L’ha imparata in particolare sul Calvario, quando il suo cuore
è stato annientato dal peso del male e tuttavia è rimasto aperto, totalmente
rivolto alla luce del Padre. Impossibile con il ragionamento entrare nel senso
della vera compassione. Soltanto la via dolorosa ne dischiude i segreti. C’è un
punto ultimo – prima del più assoluto silenzio – in cui il dolore è tanto radicale
da generare uno stato di sospensione di tutte le cose in cui solo Dio – sempre presente
– garantisce la vita.
Quel
punto limite Maria lo ha sperimentato e ne è miracolosamente uscita per grazia,
ritrovandosi poi accanto al suo Figlio Risorto e inviata a rafforzare con la
sua presenza materna la Chiesa degli inizi. Lo sguardo che Maria, uscendo dal Cenacolo,
deve avere posato sulle miserie umane è stato certamente uno sguardo così
carico di compassione, così vero nella sua capacità di sentire l’altro e il suo
dolore, così vero anche nella sua segreta forza di sperare l’impossibile di Dio…
Non
ci stupiamo del fatto che - come l’uomo ingrato della parabola di questa
domenica - molte persone non riescano a perdonare: il perdono non è una cosa
che si fa, nasce solo dove c’è un terreno ormai morbido e ben rivoltato e perciò
capace di accogliere qualunque seme la vita gli getti senza troppe pretese. Il
perdono è quello sperimentato da Gesù e da Maria sul Calvario quando il loro
cuore spezzato si è misteriosamente aperto lasciando scorrere fiumi di misericordia
sulle miserie della nostra fragile umanità.
Nessun commento:
Posta un commento