
L’uomo preso così com’è
cerca il benessere, evitando accuratamente ogni intrusione da parte del dolore.
E così si indebolisce, perché nega la realtà e accumula paure. Il credente cerca
di donare se stesso e il bene che ha ricevuto da Dio e così non cerca le vie più
comode, ma semplicemente vive, accetta la realtà per quella che è e lì agisce,
lavora, si muove, all’interno di un intreccio complesso di relazioni e di
vicende non sempre facili in cui per sbrogliare la matassa c’è da soffrire tanto,
da portare pesi non propri e da amare senza misura. C’è da rimetterci, da
pagare di persona. L’esperienza ci dice che più accogliamo il sacrificio, più
il nostro cuore si dilata. Una regola che non è secondo il pensiero dell’uomo
naturale, ma secondo il pensiero di Dio.
Tutto questo Maria lo
ha vissuto in prima persona. Nessuno di noi avrebbe mai pensato che la vita
avrebbe riservato a una creatura tanto pura e mite dei tagli così profondi. Non
ha avuto alcuna possibilità di sentirsi seppur in maniera minima gratificata in
un bisogno pur legittimo come quello di essere madre. Gesù era solo un neonato
tra le sue braccia e già si conficca nel suo cuore una profezia oscura, che
parla il linguaggio neppure tanto velato del dolore e della morte. Maria ha
raccolto a ogni istante le gocce di grazia che le venivano dal Padre e ha fatto
delle sue promesse e della sua fedeltà la sua forza e il suo appoggio. Lei ci
aiuta a non avere paura del dolore e a viverlo in Gesù, che quel giorno disse
con chiarezza e profonda accoglienza: “Devo andare a Gerusalemme, soffrire, venire
ucciso e risorgere”.
Nessuna situazione ci
spaventi, fosse anche la più cupa: c’è una risurrezione misteriosa che fa
crescere i fiori più belli tra le pietre più aride. Solo per chi avrà attraversato
il deserto, senza fuggire il dono di un Dio che è Padre e che proprio in quelle
condizioni si fa presente con il suo amore indistruttibile.
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