«Dare pieno compimento». Gesù in questo Vangelo domenicale
(cf. Mt 5,17-37) parla di sé e parla di noi. Di sé dice che non è venuto per
togliere tutto quello che nella storia della salvezza era stato così faticosamente
costruito. C’erano voluti secoli e secoli per educare l’uomo a una visione diversa,
che non rimanesse prigioniera dell’immediato e del limitato, ma si sentisse
sotto lo sguardo di un Dio Padre. Dio aveva sudato sette camicie per far
sentire ad ogni figlio che non era solo, che c’era Lui a portarlo in braccio,
ad abbassarsi fino a terra per dargli da mangiare, prendendosi cura di lui.
Gesù non si sogna di tagliare questa storia d’amore anzi desidera andare ancora
più in profondità e attingere alla sorgente stessa della verità. Quello che
conta è sapersi sotto questo sguardo d’amore, da qui nasce tutto il resto.
Nasce la voglia di amare, di scegliere il bene, di essere
onesti, trasparenti. Da qui nasce la consapevolezza di impegnarsi a non creare
fratture nelle relazioni e a lavorare per ristrutturarle, nel caso siano state
rovinate. Gesù premia la buona volontà. Si commuove quando un figlio attiva
tutte le sue energie interiori per non cedere all’egoismo e per far passare il
bene. Gioisce quando vede in noi la volontà di essere retti, di essere franchi,
preferendo la debolezza alla doppiezza.
Se questo compimento che è una grande liberazione è stato
possibile, ciò si deve anche al sì di Maria. Anche di lei si dice che si trovò
nella pienezza, nel compimento, che vi partecipò. Qualcosa con Maria è giunto
alla sua piena maturazione. È il desiderio di Dio per l’uomo. Noi che ci siamo
affidati a lei e che ogni istante sappiamo di averla accanto come madre,
sentiamo quanto è importante fare memoria di questo desiderio. Possiamo trovare
la forza di vivere perché ci sappiamo sotto lo sguardo di Dio. La nostra gioia
è lì. Maria ce lo ricorda, accarezzandoci ce lo fa sperimentare. Ci indica
questo sguardo innamorato di Dio e ci dice che è rivolto a noi. La madre, lo
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