Quando Massimiliano Kolbe invita a “suscitare
l’amore verso l'Immacolata accendendolo nel proprio cuore” per “comunicare tale
fuoco a quelli che vivono accanto”, sta proprio dicendo questo. Che dobbiamo
permettere all’amore di trovare in noi una trasparenza tale da poter agire sull’esterno.
Maria, cui ci siamo donati con il nostro atto di affidamento per la vita, ci
dice che per essere sale e luce dobbiamo imparare sempre e nuovamente ad essere
noi stessi. Se mi accorgo che non do sapore, è a me che devo guardare. Forse il
Signore sta cercando di dirmi che ho lasciato un po’ andare la tensione
positiva verso di Lui, che ho allentato la mia ricerca delle sue vie, che sono
diventato un po’ tiepido. Se non offro luce a chi mi sta accanto, forse ho
permesso alla stanchezza di ritagliarsi uno spazio troppo grande, forse ho
smesso di fissare il sole con la stessa intensità del primo incontro.
L’esempio
di Maria ci ispira. Prove e difficoltà insieme a una buona dose di sofferenza,
non le sono mai mancate nella vita. Eppure la vediamo mentre con ogni gesto e
con ogni parola esprime caparbiamente tutta l'intensità del suo essere sale e luce. A Cana
Maria è sale della terra: la sua presenza non è irrilevante, che ci sia o meno
fa la differenza. Lo stesso sotto la Croce: la sua luce sempre accesa, pur nel
buio del più assurdo dei drammi, ha sostenuto anche il figlio e ha fatto la
differenza. Crediamo che se questa vita vale la pena di viverla al massimo è
solo perché l’amore di Dio ci spinge a questo. Lui che guardandoci con infinita
tenerezza, ci sussurra che crede in noi, conta su di noi, e aspetta da noi che
siamo sale e luce, che diamo al mondo la migliore versione di noi stessi, come
Maria.
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