«Siate
perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 4,38-48).
Il versetto finale del Vangelo di questa domenica riassume, con efficacia, il
messaggio contenuto nel testo che lo precede. Gesù cerca di far capire qual è
il segreto del cristiano. Se si trova davanti al male, in qualunque forma si
presenti nella vita, il suo atteggiamento non deve essere quello della paura e
della reazione oppositiva. Piuttosto egli è chiamato al coraggio dell’amore,
che gli permette di farsi prossimo anche nell’eventualità della prepotenza e
dell’ingiustizia. Se qualcuno ci tratta in malo modo, il nostro campanello interiore
deve accendersi per cogliere quel malessere profondo che l’altro sta vivendo e
in qualche modo portargli un aiuto.
L’accoglienza
senza condizioni che significa permettere all’altro di esprimersi per quello
che sta vivendo senza farlo sentire sbagliato, ad esempio, è tante volte il
rimedio migliore per neutralizzare ogni possibile azione negativa. Quante volte
invece intorno a noi vediamo che si dà quello che si riceve? Con la conseguenza
che ci si fa a vicenda molto male, aprendo delle falle nella fiducia e nella
capacità di pensarsi come fratelli. “Siate perfetti”, allora, non vuol dire
diventare perfezionisti (chi non vuole accettare la propria fragilità e indossa
la maschera del “perfetto”), ma far entrare la forza dell’amore in tutte le circostanze
che viviamo, e su questo amore, umile e tenace, fare leva per ribaltare le
cose. È utile pensarci in cammino, pellegrini dell’amore, sempre a costruire,
con le mani sporche e il viso sudato.
È
questa la vita che Maria ha condotto, non una vita comoda, chiusa, ma in
costante tensione, per portare una luce nelle situazioni oscure e fare
chiarezza quando tutto è vago e confuso. Quando a Cana manca il vino, è come se
manchi l’ordine, l’armonia. Qualcosa si è spezzato. È entrato un male all’interno
delle relazioni, si è insinuato un fattore negativo. Qual è l’intervento di
Maria? Nessuna disperazione e neppure nessuna paura, ma il presentare la
situazione a colui che sa e che può porvi rimedio. Maria è perfetta come il Padre
suo non perché si atteggia a persona santa e irreprensibile - con la faccia da “santino”,
direbbe il Papa - ma perché guardando alla perfezione dell’amore che è nel Padre,
si muove e agisce nel tentativo di procurare un bene. Questo darsi da fare è
già perfezione! Non ci ricorda forse sempre il Pontefice che il male peggiore è
l’indifferenza? Massimiliano Kolbe, che da Maria ha appreso la sapienza del
cuore, pensava che il segno più bello dell’amore verso gli altri fosse l’impegnarsi
per il loro miglioramento. Agire dunque, con la preghiera innanzitutto, perché
questo amore del Padre possa essere efficace attraverso le nostre vite, i
nostri gesti di attenzione, le nostre scelte sempre audaci perché sempre scomodanti.
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