Nell’orto degli ulivi, poco prima di essere ucciso, Gesù dice: «la mia anima è triste fino alla morte» e Marco dice che provò paura e angoscia. Un insegnamento per noi: non dobbiamo fuggire la nostra creaturalità, con Gesù possiamo stare nel dolore e nel tempo della prova con dignità e forza d’animo, sostenuti da lui. Gesù infatti dopo aggiunge «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Nel buio del dolore si accende la luce: l’amore invincibile del Padre. Questo amore fa dire a Gesù “sia fatta la tua volontà”, disponi tu, a te mi abbandono. Con te posso tutto, anche l’impossibile per la natura umana.
In mezzo al racconto della Passione sta pure il pianto di Pietro. Pietro ha paura di affrontare anche lui la croce si difende dalla realtà e dice di non conoscere Gesù. Ma poi, toccato nel profondo del cuore dalla grazia, capisce che abisso di amore si nasconde in Gesù e, scrive Marco, «scoppiò in pianto». Queste lacrime liberatorie che accolgono la vita e il perdono di Dio sono fiumi di consolazione nell’ora della prova, quando non abbiamo parole, non sappiamo come risolvere il nostro dolore. Ma Dio lo sa.
Il vangelo si chiude con l’immagine della pietra che chiude il sepolcro in cui è sepolto Gesù ormai morto. Marco aggiunge: «Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto».
Uniamoci a Maria, nostra madre, e alle donne in questa domenica, restiamo anche noi davanti alla grande pietra che sembra mettere la parola fine alla speranza e ripensiamo alle parole di Gesù che si rivolge al Padre chiamandolo Abbà, Papino mio, mia roccia, mia difesa, mio unico rifugio, mia eterna salvezza.
Maria e Gesù ci dicono oggi con forza che possiamo attendere l’impossibile che si manifesterà dietro quella pietra enorme… possiamo attendere la Luce. Ma ora restiamo nel buio, non fuggiamo anche noi, abbiamo il coraggio e la fiducia di stare e, stando, di sentire l’abisso di dolore e nello stesso tempo l’abisso di misericordia che presto farà rinascere germogli di vita innaffiati dalle nostre lacrime.
La passione del Signore
Passione di nostro Signore Gesù
Cristo secondo Marco
cf. Mc 14,1 - 15,47
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani,
ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé
Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro:
«La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un
po' innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da
lui quell'ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me
questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu».
Pietro si ricordò della parola che Gesù
gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi
rinnegherai». E scoppiò in pianto.
Venuta ormai la sera, poiché era la
Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole
del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da
Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e,
chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal
centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo
depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato
nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di
Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.
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