Un
giorno di fuoco, questa domenica di risurrezione che Luca descrive nel cap. 24
in cui il Risorto appare alle donne, poi ai due di Emmaus, infine ai discepoli
riuniti nel cenacolo a Gerusalemme e a conclusione di tutto ascende al cielo.
Un concentrato di grazia e di segni da parte di Cristo per introdurci in un
nuovo dono, quello dello Spirito Santo. Qui Gesù, mentre ascende al cielo e
dunque lascia la terra per ritornare al Padre, non ci priva di nulla, ma ci
immerge nel dono perfetto, che è la sua presenza nei nostri cuori.
Il messaggio
che sta a cuore a Gesù è infatti quello di attendere lo Spirito Santo come dono
definitivo per l’umanità. Annuncia un momento preciso in cui ci sarà questa
effusione e soltanto dopo, con la forza che viene dallo Spirito, i discepoli e
anche noi potremo annunciarlo e portarlo agli altri, testimoniarlo nella vita.
Gesù ricorda ai suoi la dinamica pasquale: è stato necessario passare attraverso
la morte per poi risorgere. Solo così può essere concesso il perdono agli
uomini, solo attraverso l’amore sofferente può essere salvato ciò che nell’uomo
era perduto. Alla luce della risurrezione e dopo il dono dello Spirito gli
apostoli saranno capaci di comprendere questa verità. Non cercheranno più di
salvare la propria vita aggrappandosi a sicurezze umane ma seguiranno Cristo
nella stessa dinamica di donazione, perché altri abbiano la vita.
Chi non ha
fatto l’esperienza di sentirsi tirare fuori dai suoi mali dal Signore non può
accompagnare gli altri nella stessa liberazione. Solo quelli che - come i discepoli
e come Maria - si sono lasciati trafiggere l’anima dal dolore e ne hanno
compreso il valore possono davvero portare speranza a chi non ce l’ha. Chi si
sente un salvato infatti si sente anche sempre debitore nei confronti di Dio e
perciò resta umile, e il suo cuore è benevolo verso chi ancora non ha incontrato
la grazia. Cosa faceva Maria in quel frangente così importante? Cosa provava? Cosa
pensava? Non lo sappiamo. C’è però a volte qualche artista o poeta che coglie
un dettaglio su di lei e apre uno sprazzo nuovo che ci stimola a uno sguardo
più in profondità.
Penso a Rublev, famoso iconografo russo del XIV secolo, che
ha dipinto il gruppo dei discepoli prima della Pentecoste, dunque all’Ascensione: Gesù
ascende al cielo, restano insieme ad aspettare lo Spirito, Maria e gli
apostoli. Maria sta in piedi con le braccia aperte (in preghiera) “al centro,
come l’albero maestro che assicura equilibrio e stabilità alla barca. Intorno a
lei gli apostoli, tutti con un piede o una mano alzata, in movimento”, pronti a
partire, ad andare in missione ad annunciare. “Maria sta immobile, sotto Gesù,
nel punto esatto da cui egli è asceso, quasi a tener viva la memoria e l’attesa
di lui” (R. Cantalemessa). Un’immagine potente che ci rimanda a una grande
verità della nostra vita interiore: solo restando umilmente nel solco tracciato
dallo Spirito possiamo fare l’esperienza di una effusione spirituale che trasforma
noi e le nostre storie. Sempre e nuovamente fino alla fine, sempre e nuovamente
dentro la logica della Pasqua che è di passione e risurrezione, morte e vita,
sacrificio e amore.
2 giugno 2019
Ascensione del
Signore
In quel tempo, Gesù
disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai
morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la
conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi
siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha
promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza
dall'alto».Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li
benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in
cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con
grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
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