«Padre,
nelle tue mani consegno il mio spirito». Parole decisive con cui si chiude il
Vangelo di questa domenica delle Palme e della Passione del Signore (cf. Lc 22,14-23). Parole che
sono un testamento per noi, l’indicazione preziosissima che Gesù ci dà per aiutarci
a entrare nella vita. Qual è questa chiave che apre la porta della nostra relazione
con Lui? È la fiducia totale, che si fa non solo intenzione, ma consegna di
tutto se stesso al Padre. È un accogliere la realtà non come luogo da cui difendersi
perché le cose non vanno come vorremmo noi, ma come luogo da amare perché
mentre le cose vanno come vanno Gesù è con noi, immerso nella nostra vita, per
camminare con noi, ed esserci custode e Padre. Infatti guardando i suoi
discepoli addormentati “per la tristezza” Gesù li sveglia e gli dice: “Alzatevi
e pregate, per non entrare in tentazione”.
Dice questo dopo avere combattuto la
sua battaglia più grande, quella contro la tentazione di allontanarsi dalla
sofferenza. Gesù, da vero uomo qual è, ha voluto soffrire fino all’ultimo
l’angoscia di chi è stretto nel dolore e non trova via d’uscita. La sua è stata
una vera e propria “lotta” spirituale, così intensa e coinvolgente da fargli
sudare sangue. Un dolore così intenso che il soma (il corpo) stesso ne diventa
parte esprimendolo con il suo linguaggio, quello dei sintomi fisici. L’atto di
volontà con cui Gesù si piega tutto al dolore accettando dalle mani degli
uomini la sua sorte è determinato (“non la mia, ma la tua volontà”): accettandola per amore e con amore, ha trasformato
il dolore in gioia, la morte in vita.
Dopo
questa consegna Gesù non ha più lotte da combattere. In qualche modo tutto si è
compiuto nell’Orto degli Ulivi perché quando la volontà umana diventa uguale a
quella divina, non c’è più nulla da chiedere all’uomo. Ha raggiunto il massimo
delle sue possibilità. Per noi Gesù non è solo il Signore della vita ma anche
il modello di come si affronta la vita e l’affidamento a Maria, vissuto con
questo spirito di consegna di sé, è davvero una porta che ci apre il passaggio
al cuore di Cristo. Affidarci a nostra Madre, infatti, significa volere ciò che
vuole lei, perciò la nostra preghiera diventa una supplica affinché ogni
istante possiamo rimanere in questa via, con tenacia e con amore. Maria ci conduce
a Gesù e Gesù ci chiede di pregare. Non ci chiede di domandare una vita senza
tentazioni, senza sofferenza, senza prove, ci chiede di non dormire per la tristezza
mentre siamo provati. Ma di restare svegli, in piedi, con la corazza della
fede, direbbe Paolo, e l’elmetto della speranza.
«Abbandònati,
o anima, nelle mani del Padre tuo!», scrisse nell’agosto del ‘40 san
Massimiliano Kolbe, negli appunti raccolti per un libro che non fece in tempo a
pubblicare. Raccogliamo con gioia questo invito semplice eppure tanto laborioso
spiritualmente, perché frutto sempre di una lotta, piccola o grande, a seconda
dei casi e dei momenti, una lotta tra il nostro io naturale (che vuole sempre e
solo ciò che è comodo e piacevole) e l’io autentico, che riceve vita da Dio ed
è capace di amare come lui, trovando la vita nel donarla.
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