Nella
nostra preghiera di affidamento a Maria ogni giorno ripetiamo il nostro desiderio
dicendo “perché risplenda in me la bellezza di Cristo”. Cosa significa nel
concreto? Cosa deve trasparire? Cosa dobbiamo donare? Maria in questo Vangelo della
IV domenica di Avvento ci fa nascere dei sani interrogativi e ci ispira nuove
chiavi di lettura. La vediamo mentre, ormai incinta, prende su il suo zainetto e
si mette in viaggio per raggiungere la lontana Giudea distante ben 150 Km. Ha un
obiettivo: raggiungere al più presto la cugina Elisabetta per verificare quel
segno che Dio le ha preannunciato. In questa corsa divina Maria risplende per
umiltà. A volte sentiamo dire: non bisogna chiedere segni, non bisogna
attaccarsi a queste cose, bisogna solo credere… chi lo ha detto? La Parola di
Dio ci indica un’altra via, molto concreta, dove la Parola si incarna non nei
nostri sogni soltanto, ma nella realtà, direbbe san Giovanni della Croce “al
fondo del reale”. Dove insomma nessuno scommetterebbe di trovarla, questa vita
divina, ossia nella vita. Nella nostra stessa carne. E come potremmo noi capire
in che direzione andare se fossimo lasciati a noi stessi e alle nostre buone
intenzioni? La Parola ci raggiunge con oggettività e ci dà serenità nel camminarle
dietro e qualche volta la Parola chiede di attendere e sperare, altre di andare
a vedere le sorprese di Dio.
Quanto
ci piace e quanto amiamo questa nostra sorella, Maria di Nazaret, mentre parte
col cuore pieno di attesa e di meraviglia e non ha altro desiderio che quello di
poter contagiare il mondo intero dell’amore di cui è stata ricolmata! Come ci
sbagliamo quando invece ne facciamo una ragazza timida e introversa che sa solo
obbedire e fare riverenze. Maria ha rotto gli argini della sua naturale
creaturalità per farsi trasportare in un disegno divino che la porta ad andare
sempre oltre, contando sulla forza dello Spirito Santo. È eccedente per grazia.
Tutto in lei è grazia e risposta alla
grazia. Infatti Maria non ha chiesto lei quel segno, lo ha accolto con
gratitudine dalla bocca dell’angelo. In ebraico non esiste la forma verbale “io
ho” ma solo “è a me”. L’ebreo sa - nel fondo del suo essere - che la vita gli
viene da Dio. E Maria questo lo vive davvero, con convinzione, con tenacia. L’esplosione
di gioia che si scatena nell’incontro con sua cugina Elisabetta non è euforia e
baccano ma gioia divina che si nutre di stupore e di silenzio, parole e gesti.
Ci sono tanti modi per vivere, Maria ha scelto l’autenticità: un suo solo
saluto genera vita, perché trasmette la gioia di un incontro. Un incontro con
Dio che diventa incontro con una sorella, con un fratello. In Maria è stata
attivata quella sorgente che zampilla per la vita eterna di cui Gesù parlerà un
giorno rovente alla donna samaritana che andava ad attingere acqua dal pozzo.
Se si alza e va, se la sua vita diventa dono e fonte di vita per gli altri è
perché questa sorgente ha preso a scorrere e la sua corsa non terminerà neppure
ai piedi della croce, dove invece sarà incanalata in una missione nuova,
inedita e inaspettata. Diventare madre dell’umanità. È questa la bellezza che
siamo chiamati a far vivere in noi: quella di permettere a Cristo di attivare
le nostre sorgenti interiori e imparare a vivere a partire da esse.
Dal
Vangelo secondo Luca (1,39-45)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
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