Rimani nel mio
amore.
Un Vangelo che scardina l’insicurezza umana – frutto dell’autosufficienza – e ci
innesta in una relazione fondante che è alla base della nostra identità forte
di figli di Dio (cf. Gv 15,9-17). Se qualcuno chiedesse a un cristiano “a che ti
serve credere?”, la risposta più sensata sarebbe “a vivere”. Sì, a vivere. Ne
facciamo esperienza in maniera eloquente all’interno delle realtà che
frequentiamo: quando la persona si stacca dalla relazione di fiducia con Dio,
si perde. Ecco perché i cammini di fede che in tante maniere vengono proposti
servono a rimettere sulla strada del senso e della felicità. Recuperare ciò che
si è smarrito o di cui non si è ancora coscienti. Gesù qui ci sta dicendo che
se rimaniamo nel suo amore impariamo pian piano ad amare come lui ci ha amati.
Parole grosse! Gesù ha dato la vita per noi, ha passato i suoi trent’anni e più
sulla terra distribuendo carezze e versando l’olio della consolazione sulle
piaghe purulente degli uomini e delle donne che la vita ha messo sul suo cammino.
Attaccato, ingiuriato, messo in ridicolo e disprezzato, ha suggerito con calma
e intelligenza pensieri nuovi, capaci di aprire una breccia nelle logiche e nel
cuore degli accusatori, e di mostrargli che nelle relazioni, quando ci si sta
da figli di Dio, ciò che conta è cercare il bene, proprio e dell’altro. Mentre
gli accusatori si attaccavano a motivi futili e inessenziali, per fermare la
sua opera di guarigione e liberazione, Gesù andava dritto perché aveva a cuore
la felicità di chi gli stava di fronte. Quante volte facciamo esperienza di
queste contraddizioni! Mentre cerchiamo l’essenziale e gioiamo per la gioia
degli altri, alcuni lavorano per mettere i bastoni tra le ruote, per rilevare quello
che non è stato fatto bene, eccetera eccetera. Dopo una bella celebrazione assai frequentata e gioiosa, mentre alcuni si dicevano contenti per il tanto
bene seminato, ecco una voce che disse “sì però non era liturgico quel canto!”.
Ovviamente non era così, il coro aveva cantato più che bene… però, però… ecco
queste voci che si infiltrano, e sembra non abbiano altro interesse che quello
di rilevare ciò che a loro avviso non è stato fatto bene.
Gesù non è così, l’amore
di cui ci ricolma l’anima e che ci fa sentire una sicurezza meravigliosa e
indistruttibile è liberante e mette ali alla nostra vita. Maria è stata anche
lei capace di farsi abbracciare dall’amore del Padre con tutta l’apertura del cuore,
e ha vissuto una vita bella, è stata davvero felice. Affidarci a lei significa
entrare nel dinamismo d’amore con cui il Padre ci attira a sé attraverso l’umanità di Cristo. Maria è una
grande collaboratrice di Dio, è l’alleata del Padre, la Madre di Gesù, la
docile figlia dello Spirito Santo Amore. Sì, affidarsi è l’unico modo intelligente
per saper vivere e per vivere da figli di Dio. Non c’è da sforzarsi, l’amore ci
precede, ci attrae e ci attende. A noi però accogliere l’amore, a noi
accogliere Maria. Questione d’intelligenza, di sano realismo, di umiltà…
ciascuno trovi la sua motivazione.
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