Venite
e vedrete sono i verbi decisivi di questo potente e
dinamico Vangelo domenicale (cf. Gv 1,35-42). Un invito che Gesù fa guardando i
due discepoli negli occhi, come poco prima aveva fatto anche il Battista che
aveva fissato il suo sguardo su Gesù che passava e l’aveva indicato come
l’agnello, il Salvatore. Il cuore dell’uomo cerca il volto di Dio, è proteso
verso un volto che è lì ad attendere attivamente, attirando a sé quanti si
lasciano interrogare dai loro desideri profondi. L’invito di Gesù è quello di
fare una esperienza di Lui per poter poi comprendere cosa significhi seguirlo.
I due vanno con Lui e restano con Lui, si “accasano”, ossia quasi si legano a
Lui, come innamorati che una volta trovatisi non possono più pensarsi senza
l’altro. Interessante il dettaglio dell’orario: erano le quattro del
pomeriggio. Oltre a un dato temporale, ce n’è anche uno simbolico: era l’orario
in cui stava volgendo alla fine la giornata, perché alle cinque iniziava il
nuovo giorno. Sembra quasi che i due discepoli incontrando Gesù siano come
rinati, entrando in una dinamica di vita nuova. Il cristiano non è un uomo del
maquillage, ma uno che rinasce dallo Spirito Santo. La sua interiorità, il suo
cuore è messo a soqquadro dall’arrivo dello Spirito che in modo invisibile lo
lavora e lo plasma da dentro. E man mano che ci apriamo alle sue intuizioni, ci
trasformiamo anche esteriormente, imparando a porre azioni e gesti che danno
vita, che vanno nella direzione del dono.
È bellissimo l’istante
descritto da Giovanni: quando Gesù sentendosi seguito dai due, si volta e gli
chiede cosa stiano cercando. Ogni nostra domanda di senso, di amore, di
eternità trova nel volto di Gesù la risposta. E Gesù vive nella Parola, nei
sacramenti, nella vita che ci circonda. Quello che ci invita a fare è dimorare
in Lui e imparare dalla sua mitezza e misericordia quegli atteggiamenti interiori
che muovono poi le nostre scelte.
Ci vengono in mente
allora le tante raffigurazioni artistiche mariane in cui Maria ci porge Gesù
che tiene tra le braccia. Un gesto che non è esteriore, ma dice una vita
assimilata e donata. Maria, camminando dietro a suo Figlio nella fede, e
accogliendo sofferenze e sacrifici, ha fatto suo lo stile di Dio, si è
modellata sui suoi gesti, ha imparato il dono incondizionato di sé nella
fiducia in un progetto d’amore più grande, che andava oltre la sua capacità di
capire. Per diventare nostra Madre nello spirito Maria ha dovuto abbassarsi
fino a dissolversi come il seme che muore, dietro a Gesù che l’ha trascinata
nella stessa dinamica di donazione. Una santa corsa come quella che Andrea quel
giorno fece raggiungendo suo fratello Simone, per dirgli che avevano trovato il
Messia, che la vita nuova era iniziata. Simone si sentì chiamare Pietro e anche
per lui cominciò un’avventura nuova. Maria ci insegna la forza di essere
cristiani, che non è accogliere delle belle idee ma avere il coraggio di
viverle, comunicarle, abbracciarle, perché prima si è fatta l’esperienza di un
tocco interiore, di un incontro decisivo attraverso l’azione dello Spirito
Santo. Il cristiano è una creatura nuova per un mondo nuovo. A questo ci chiama
Gesù, passando sulle rive della nostra vita, nel qui ed ora in cui abitiamo.
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