«Taci, esci da lui!».
Sono le parole che sentiamo riecheggiare in noi in questa domenica (cf. Mc
1,21-28) e che escono dalla bocca e dal cuore di Gesù. Una parola autorevole.
Una parola quindi che ha un peso e questo peso dipende dal suo essere totalmente
integrata nella persona di chi la pronuncia. Mente, cuore e mani sono un
tutt’uno in Gesù, nessuna disarmonia. È il Signore, dirà Giovanni sul lago
molto tempo dopo, quando lo vedrà Risorto. Il Signore è il Signore. La nostra
vita è sempre in tensione tra ciò che sperimentiamo e ciò che crediamo. In
apparenza le cose vanno in un modo, per fede esse vanno anche in un altro. Dobbiamo
imparare a stare serenamente in questa tensione e viverla come una dinamica
sana, in attesa che la fede mostri le sue vie. Mentre siamo immersi nelle
ambivalenze e nella complessità sperimentiamo anche la forza della presenza di
Dio, siamo guidati dalla sua Parola, che ci apre a prospettive sempre maggiori
rispetto a quelle della nostra limitata visuale.
Diciamo questo perché
oggi il Vangelo ci mette davanti una situazione in apparenza irreversibile, con
poche aperture alla speranza. Un uomo preso e afferrato dal male, da Satana,
schiavizzato da forze malvagie, abbrutito e furioso. Un concentrato che possiamo
anche leggere in modo simbolico, come rimando a tante situazioni che conosciamo
e che in apparenza sembrano perdute, ormai senza via d’uscita. Dentro questo
dato di fatto nudo e crudo si inserisce lo splendore della salvezza. Gesù, bello,
maestoso, puro, strappa dal cuore e dal corpo di quel poveretto lo spirito del
male e lo libera, restituendolo alla sua dignità, riaprendo vie di speranza. Una
grande azione di liberazione! questo è il Vangelo, questo è l’annuncio del
regno, questa è la nostra fede, la nostra esperienza personale.
La fede ha una
potenza che non possiamo calcolare. Perché è Dio stesso comunicato a noi. Attraverso
l’imposizione delle mani i sacerdoti possono liberare un ammalato per la forza
dello Spirito Santo che agisce, così come noi, battezzati e perciò sacerdoti,
re e profeti, possiamo esercitare il nostro sacerdozio specialmente pregando. La
nostra preghiera è una misteriosa partecipazione alla vita divina e ci apre
orizzonti impensati, che non sono già scritti ma dipendono dalla relazione che
c’è tra noi e il Signore.
Il nostro affidamento
a Maria rientra in questi doni divini, fa parte di questo grande movimento di
apertura a Dio che gli permette di operare in noi e permette a noi di
partecipare alla sua vita divina. La nostra fede in Gesù si fa vita. Anche noi
abbiamo il potere di sanare, ciascuno secondo la modalità legata al suo stato. Maria
stessa, nell’entrare da Elisabetta, divenne strumento di un passaggio inedito
della grazia che riempì la cugina di Spirito Santo. Liberata, ha liberato
altri. Liberata in anticipo per grazia (è il mistero dell’Immacolata), è stata
strumento di liberazione per gli altri. In questa domenica sono tante le intuizioni che si formano in noi nell'accoglienza della Parola, ma su tutto ci resta il profumo consolante della liberazione, che Dio continua ad operare dentro le trame delle nostre vicende. Un invito a rafforzare l'impegno di preghiera perché questa grazia agisca con sempre maggiore potenza in noi e negli altri.
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