Sono voce: questo dice Giovanni Battista di se stesso nel Vangelo di questa domenica (cf. Gv 1,6ss). Si vede dal punto di vista della sua identità più profonda.
Un figlio amato dal Padre celeste, che sa chi è e perché vive, e ha chiaro il compito affidatogli nella vita. Avere
senso e direzione sono le cose più necessarie per ognuno di noi. Non è un caso
che i giovani specialmente - ma non solo – si chiedano: ma io chi sono chiamato
ad essere? Una domanda che preme, che urge dentro, che è impellente e che
richiede lo sforzo di essere presa in seria considerazione, se non si vuole
fallire il bersaglio. Il Battista si definisce “voce” e ci indica un criterio:
per esser voce bisogna sapere cosa dire e quindi il Battista si presenta come
un ascoltatore attento della voce di Dio. Come potrebbe se no parlare in nome
di Dio, dire la Sua Parola? Farsi portavoce di un Altro?
Allora per capire chi
siamo e qual è il compito che ci riguarda nella vita, dobbiamo farci grandi
ascoltatori della Parola di Dio. Non occorre una grande conoscenza, occorre la
tenacia interiore – tipica di questo tempo di Avvento – che ci fa iniziare ogni
giornata col piede giusto, ossia con l’ascolto del Vangelo. Non io per primo,
ma Dio per primo. Un criterio facile facile, eppure troppe volte disatteso,
incompreso e sottovalutato. Ma il grande
salto della fede e della vita, la grande svolta avviene qui, nell’ascolto
fiducioso della sua Parola per noi, per me, per te. Ci si educa a questo, nulla
è spontaneo nell’uomo, se non le funzioni più elementari. Il resto di ciò che è
umano e ci umanizza va conquistato con l’esercizio, l’impegno, l’attenzione del
cuore. Ci vuole profonda concentrazione per arrivare a leggere la Parola come
assetati. Bisogna sentirla questa sete del cuore, questo bisogno di senso da
dare alla giornata, alla vita, ai fatti che ci accadono. Il dialogo con Gesù
accade nel raccoglimento, e per raccogliersi ci vuole lo sforzo di concentrarsi
e restare in Lui, nella Parola. Il risultato di questo ascolto è l’incontro vivo
con Dio, col Padre, con nostro Padre. E se c’è questo, c’è il coraggio un po’
folle di puntare tutto sulla Parola ascoltata.
Quando Maria dice all’angelo "Avvenga", sta appunto dicendo a Dio di affrettare i tempi, di compiere ciò che
vuole compiere. E così ci insegna a credere a ciò che ascoltiamo. Credere non
vuol dire che miracolosamente aderiamo senza dubbi alla Parola, credere vuol
dire scegliere di appoggiarsi a questa Parola e rischiare tutto su di essa.
Maria, il Battista, i profeti, sono alcune delle figure tipiche dell’Avvento.
Uomini e donne segnate da un'unica caratteristica: vivere la Parola, seguirla
sine glossa, direbbe san Francesco, farla così come ci arriva, aprirci come
bambini al dono del Padre, anche quando stiamo chiedendo qualcosa che stenta a
concretizzarsi, soprattutto quando situazioni dolorose non si risolvono ancora.
Questo è il momento di fare la Parola, come Maria, come il Battista, il momenti
di non smuoversi dalla certezza – quella caparbietà tipica dei bambini, dei
figli che si affidano – che alla fine sgorgheranno fiumi nel deserto… non per
opera nostra, ma perché Dio lo farà per chi avrà creduto: “Io cambierò il
deserto in un lago d’acqua, la terra arida in zona di sorgenti” (cf. Is 41ss).
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