«Lasciò Nazaret» è
detto in apertura del Vangelo di questa domenica (cf. Mt 4,12-17). Anche per
Gesù, come per ogni uomo, è venuto il momento di staccarsi dal grembo materno
per avventurarsi nel mondo. Il giorno in
cui Gesù chiuse quell’uscio, qualcosa si spezzò dentro di lui e dentro il cuore
di Maria. Non si può sapere quale dolore fu più grande: se quello di lei, che
vide la luce dei suoi occhi sottrarsi al suo sguardo, oppure se quello di lui,
che si sentì strappato dal suo caldo abbraccio. Momenti cruciali e nello stesso
tempo necessari al nostro passo di viandanti, per essere fedeli a una chiamata
che ci precede e che ci spinge avanti, verso nuovi orizzonti.
Quello che è certo è
che l’amore profondo con cui Maria e Gesù si lasciarono era tanto radicato nell’eternità
da costituire come una realtà potente che sorreggeva ognuno di loro dall’interno.
«L’amore di Cristo ci possiede», dirà un giorno non lontano Paolo. È questa l’esperienza
della fede. Non teorie, non parole, non buoni sentimenti soltanto, ma la
percezione più certa di ogni certezza di vivere appoggiati su di lui. Questo
amore ha dato a Gesù la forza di porre la sua nuova residenza a Cafarnao. Un caso? Solo perché lì viveva
Pietro? No.
Matteo ci dice che c’era
un piano divino da sempre scritto nel cuore di Dio. Un piano di salvezza per
noi, immersi nel buio dei peccati e della non conoscenza di Dio. Quella luce
che era previsto un giorno ci raggiungesse, ora era lì, dov’era previsto che
fosse. Il tempo è superiore allo spazio, ci ha ricordato papa Francesco. Il
tempo è superiore perché la nostra salvezza è un processo, non è un possesso.
Non ci salviamo, non realizziamo interamente la volontà di Dio nella nostra
vita in un solo momento, ma dentro un percorso che termina col nostro ultimo
respiro. Pagine da scrivere sul quel foglio speciale che è la storia, dove
nulla è già determinato, e tutto può
cambiare, anzi deve cambiare, se è vero che le prime parole di Gesù sono: “Convertitevi,
cioè trasformatevi e iniziate a credere alle mie parole di vita”.
Maria, ci affidiamo a
te, contemplandoti in quel giorno duro e
nello stesso tempo pieno di grazia in cui hai dovuto lasciare andare il tuo
Gesù, e ti chiediamo di darci la tua stessa serena fiducia, quell’abbandono profumato di dolce rassegnazione
che non è sconfitta ma resa davanti a un progetto tanto bello e grande quanto
esigente. Desideriamo fare l’esperienza della trasformazione del cuore, perché è
per noi un’esigenza insopprimibile diventare sempre più umani, sempre più
simili a te.
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