Il
Vangelo di questa III domenica di Quaresima è un inno alla pazienza
misericordiosa di Gesù. La nostra esistenza
è paragonata a un albero di fichi che Lui pianta con amore nel giardino della
vita. Solo la nostra vita è posta perché dia frutto, non quella di Dio che
esiste da sempre, ma quella di persone che sono create, creature appunto. Come
Maria, nostra madre, la cui vita è stata come una bella pianta da frutto che
Dio ha posto nel mondo. Ecco allora che la logica che caratterizza la natura si
applica anche a noi. Questa pianta all’inizio
è fragile, e non ha frutti, non è ancora pronta per darli. Ma esiste per
produrne. Lo scopo del suo esserci è il frutto. Senza il frutto, perché definirsi
albero da frutto? Dio quindi nel venire
a cercare i frutti della nostra vita, opera secondo natura, in proporzione
alla nostra natura. Per giunta è lui stesso tramite il vignaiolo che custodisce
la tenera pianticella, la concima, la protegge e la sostiene, creando tutte le
condizioni perché si sviluppi in modo sano.
Come
mai tanti alberi producono soltanto foglie? Come mai la vita di Maria è invece
come un albero dalla chioma colorata di frutti maturi, pronti per essere assaggiati?
La spiegazione sta in una risposta: «Ecco
la serva del Signore». Per chi vivo? Qual è la motivazione del mio agire? Sono
libero da me stesso oppure ricerco costantemente riconoscimenti? Sono guarito
interiormente oppure faccio ricadere sugli altri le conseguenze di un cammino di
liberazione non fatto? Umanamente a noi verrebbe voglia di tagliare tutto
quello che non dà frutto, specialmente laddove c’è una colpa, una volontà a non
cambiare e convertire i propri schemi. Ma Gesù,
il divino vignaiolo, ci raggiunge col volto stupendo della pazienza,
davanti al quale non riusciamo a balbettare più nulla. La pazienza è uno degli
attributi più belli di Dio, e nella misura in cui ci riconosciamo debitori
della sua pazienza, possiamo a nostra volta cominciare a vivere questa virtù,
attraverso la quale il cuore si dilata e diventa capace di misericordia.
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