“A”
come affidare: parola calda e accogliente che significa dare con fiducia
qualcosa a qualcuno perché se ne prenda cura. “A” come affidamento: donarsi a Maria
nel desiderio che si prenda cura
della nostra vita, che vegli col suo
sguardo attento, su di noi, sempre. Il gesto più umano che ci sia, sintetizzato
nell’immagine materna che stende le braccia per accogliere suo figlio. Per
esperienza non c’è nulla di più consolante che pensarsi nell’abbraccio della
propria madre. Affidare comporta uno spostamento verso l’altro, a cui appunto
ci si dona, sapendo di essere custoditi. Non più un tu e un io, ma un noi,
riscaldato dall’amore. È questa fiducia il fondamento della capacità di fare
della propria vita un dono, entrando nella logica nuova e liberante dell’amore
evangelico. Questa è la fiducia che san Massimiliano Kolbe ha respirato fin
dalla fanciullezza e che gli permesso di bruciare le tappe dell’amore passando
di affidamento in affidamento in una corsa segnata dall’amore senza limiti.
Il primo ad
affidarsi è stato Dio
Nel suo ricco documento sulla Madre di Dio, (Madre del Redentore) san Giovanni Paolo
II dà avvio al suo pensiero riproponendo i versetti della Lettera ai Galati di
san Paolo: «quando venne
la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare
quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,4-5).
Per gli studiosi qui c’è il discorso teologico su Maria in germe. Prima ancora
che ne scrivessero gli evangelisti, Paolo, nella sua grandiosa sobrietà, apre
agli occhi stupiti del nostro cuore l’immagine di un Dio amoroso che nella sua
umiltà ha scelto di perdersi per noi, per risollevarci e lo ha fatto nascendo
come noi, nel grembo di una mamma. Il primo ad affidarsi a Maria è stato Dio!
Sfidati alla
fiducia
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