«Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui
che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti
avrebbe dato acqua viva» (Gv 4,5-42).
Conoscere per amare, amare per accogliere, accogliere per vivere, vivere per
comunicare. Non esiste nel cammino di fede il salto dei passaggi, oppure un approdo
che sia la somma di quelli precedenti, ma esiste il processo in cui nuove
acquisizioni si integrano nelle precedenti dando vita a una sintesi nuova e
personale, sempre in crescita. Senza il primo, non c’è neppure il secondo e
così via. Non si comunica l’amore di Dio se non lo si vive e non lo vive se
prima non lo si è accolto, ma non si può accogliere chi non si è incontrato e
di cui non ci si è innamorati.
In questo desiderio struggente di Gesù di
trovare nel cuore umano una porticina – anche minima – attraverso cui riversare
i fiumi di amore del suo cuore ricolmo, ritroviamo noi stessi e la nostra
storia. Ricordiamo la nostalgia bruciante che Lui stesso ha colmato, accendendo
il nostro cuore e trasformandoci dall’interno. Ma nelle parole di Gesù c’è
anche l’eco delle parole di Maria, sua e nostra madre. Se ci affidiamo a lei
non è per chiuderci in una relazione consolatoria, ma per chiederle che ci
aiuti ad essere sempre più docili alla voce di Dio. «Tutto quello che vi dice,
fatelo». Il nostro desiderio è quello di seguire Gesù, imparare da Lui,
comunicare la sua vita. Vogliamo investire tutte le nostre energie migliori al
servizio di questa causa grande che è la libertà per tutti. Non ci basta – e
san Massimiliano ce lo sussurra all’orecchio – essere dissetati noi, vogliamo
che tutti i nostri fratelli facciano la stessa esperienza.
«L'acqua
che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita
eterna». L’amore di Dio ha un suo dinamismo interno, zampilla da sola.
Noi possiamo agevolarle il passaggio oppure ostacolarlo, ma l’acqua ha la sua
vitalità che nessuno può gestire. Dà vita da se stessa, dove vuole, quando
vuole. Tutti abbiamo fatto l’esperienza di vedere che quest’acqua talvolta è
scaturita anche da strumenti molto limitati, difettosi. Con nostro stupore
abbiamo dovuto riconoscere che lo Spirito trova vie inedite e certamente
sfuggenti al nostro ragionamento. Anche questo è un lasciarsi stupire da Dio!
Maria ci è accanto per darci quelle luci
necessarie al cammino. Quando le difficoltà sembrano affievolire l’entusiasmo,
lei ci sprona, ci spinge a continuare a cercare, ci instilla la speranza, ci
ripete: «Se tu conoscessi il dono di Dio!». Non può decidere per noi, ma il suo
esserci madre la spinge a farsi vicina e a infonderci fiducia, volontà di
riprendere il cammino, desiderio di provare nuove piste, di esplorare sentieri
inediti. Accogliere lo Spirito significa farsi condurre e non condurre noi,
accettando le soste, anche forzate, ma subito dopo rincorrendo le nuove
chiamate, quelle che aprono, che mostrano il nuovo, gli orizzonti dell’amore e
della fraternità che anche padre Kolbe ha inseguito, preferendo anche
ammaccarsi un po’ piuttosto che starsene rinchiuso nelle su sicurezze.
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