«Devo
soffrire, morire e poi risorgere» (cf. Mc 8,27-35). Gesù questa domenica apre
il suo cuore e pronuncia parole intense, che sono la sintesi della sua
esistenza. Rappresentano il significato profondo della sua come della nostra
vita. Quando si è immersi nel non senso, nel dubbio, nelle richieste di
significato, si è tremendamente grati a chi arriva con una luce capace di
tirarcene fuori. Questa è la forza della proposta di Gesù. Dire sì a un cammino
accidentato e impervio ma rivolto decisamente e infallibilmente alla verità,
alla vittoria. L’affidamento a Maria ci aiuta a metterci in questa disposizione
di vita. Maria infatti non è solo nostra madre ma anche un esempio concreto
di come camminare in questo mondo. La sua maternità perciò tende a farci
assumere i suoi stessi atteggiamenti, che poi sono quelli di Gesù, quelli che
lei ha imparato da suo Figlio, nei lunghi anni in cui ha osservato e meditato
tutto quello che Gesù diceva e faceva.
Quando
Maria è venuta a conoscenza di queste parole di Gesù, le ha fatte sue.
Certamente ha avuto paura, ha desiderato che quei due verbi – soffrire e morie
– non riguardassero la persona che più amava al mondo. Dopo avere ascoltato
tante parole di conforto e di fiducia da Gesù, ora le sembrava di sentire discorsi
che stonavano, che andavano verso altre direzioni. Ma a differenza di Pietro,
che ascoltando l’istinto di sopravvivenza subito mise un muro tra sé e il
dolore, Maria invece non sollevò alcuna difesa. Facendo leva sulla fede, sulla
fedeltà del padre Celeste, sulla sua Parola di vita, mise a tacere l’istinto e scelse il valore in cui credeva. Prese il
tutto di Dio, non il frammento. Non si fermò solo al soffrire e al morire, ma
abbracciò anche il risorgere.
Da
Maria siamo chiamati ad imparare questa modalità di lettura della nostra vita.
Non solo un aspetto, non solo un frammento, ma il tutto. E quando si dà
ospitalità al tutto di Dio, allora come lei si entra nella dimensione liberante dell’accoglienza. Si fa l’ingresso nel regno
della fede, in cui gli opposti si armonizzano, le asprezze sono ammorbidite e
arrotondate, gli aspetti più faticosi e ardui sono integrati. Non è poca cosa
giungere a questa sapienza, non e poca cosa lasciarsi associare da Cristo al
mondo del dolore con il cuore rivolto alla risurrezione. Perciò con Maria
impariamo a vivere, perché impariamo a fronteggiare ciò che ci fa più spavento:
il dolore nostro e altrui.
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