Chi
sono io per te? Una domanda, questa di Gesù nel Vangelo della domenica (cf. Mt
16,30-20), che ci legge dentro, mettendoci di fronte a noi stessi, a quello che
stiamo pensando, sentendo, sperimentando. Tendiamo ad allontanarci dal dialogo
intimo e costante con Lui, non per scelta, ma perché le preoccupazioni della
vita ci attirano e ci fanno entrare in contatto con altri sentimenti, che non
di rado spingono verso la sfiducia. Siamo strutturati in questo modo: come equilibristi
sul filo della vita. Se allentiamo il contatto con lo Spirito Santo, che vive
in noi, non è che lo Spirito sparisca, perché noi viviamo in Lui, ma siamo noi
che facciamo contatto con altre realtà, e quindi ne subiamo l’influenza.
Quando
vediamo un bel tramonto e restiamo in silenzio, quasi spiazzati davanti all’evidenza
di una potenza superiore, creatrice di tanta bellezza, noi vibriamo con la nostra
parte più vera. Se invece siamo immersi in situazioni negative e apparentemente
senza sbocco, pian piano ne siamo avvelenati e saturati. È per questo che Gesù ci
stimola e ci raggiunge con la sua voce, con le sue domande. Chi sono per te? Sussurra
al nostro cuore. Quasi a riprenderci quando forse siamo un po’ troppo
influenzati da altro. E la nostra attenzione si volge nuovamente a Lui, e di
nuovo la fiducia ci viene incontro e ci ricorda che soltanto di essa c’è bisogno
per vivere. Fiducia in Gesù Signore della storia, che ha in mano ogni cosa, e
con tenerezza la conduce, nonostante tutte le apparenze.
Lui
garantisce: la Chiesa è mia, voi siete miei, tu mi appartieni. Se resti unito a
me, sciolgo tutte le situazioni anche più aggrovigliate, se ti fidi e ti
affidi. Nessuna potenza negativa potrà vincerti. È questa appartenenza concreta
che Maria desidera per noi quando ci affidiamo a lei. Non per tranquillizzarci,
per staccarci dalle difficoltà, ma per farci vivere ogni situazione della vita
fondati sull’amore di suo Figlio Gesù. Ci doniamo a lei per essere suoi e così
essere di Dio. Per guardarci e percepirci come figli. Quando Gesù dichiara
beato Pietro, sta sottolineando una cosa davvero grande, alla quale non ci
abitueremo e non dobbiamo abituarci mai: che la fede è un dono dall’alto ed è
per fede che noi possiamo riconoscere Gesù e appartenere a Lui. Non viene dalla
terra questo nostro sì, ma dal cielo. Questo significa che l’unica cosa
necessaria, più necessaria dell’aria che respiriamo è la fiducia, fiducia rinnovata
a ogni istante, contattata a ogni passo, cercata con ogni respiro dell’anima.
Con la fiducia il cuore si apre e sente, capisce, crede, si affida. Con la
fiducia il debole strumento che è la Chiesa diventa luogo di grazie
straordinarie, in cui le vite cambiano, le persone si convertono, le situazioni
più intricate si sciolgono.
Con la fede si spostano le montagne, l'impossibile diventa possibile, il piccolo si fa grande, chi è perduto viene ritrovato, chi è malato guarisce, chi è prigioniero è liberato, chi traballa torna a camminare in modo regolare. Questa potenza di Dio ci viene comunicata e a noi spetta darle credito, farla crescere, offrirle la parte maggiore di quello che siamo e che abbiamo, fino a lasciarle campo libero e così vivere in comunione, mai soli, sempre in dialogo con Dio, Padre che è nei cieli e che sempre rivela se stesso per chi lo vuole accogliere.