sabato 29 febbraio 2020

La fede vince ogni prova


All’inizio della Quaresima siamo proiettati in un ambiente particolare, il deserto, nel quale Gesù viene condotto dall’azione dello Spirito. Per quale motivo? Per essere tentato dal diavolo, ci spiega Matteo. Dunque un passaggio per nulla casuale, ma voluto. Gesù, vero uomo e vero Dio, sta nella prova per ben 40 giorni, e alla fine, nel momento in cui sente i morsi della fame e della sete, vede comparire davanti a sé il diavolo. Il diavolo gli fa delle proposte in apparenza utili per risolvere la crisi: trasformare le dure pietre in morbido pane, saltare giù dal tempio sapendo che gli angeli lo salveranno, possedere tutti i regni della terra a condizione di adorare non più il Padre, ma lui, il diavolo. Gesù risponde puntualmente a ogni provocazione opponendo la Parola di Dio, prendendo quei versetti della Bibbia in cui ci viene detto che non viviamo solo di pane, ma di ciò che Dio ci dice e che tutto ciò di cui abbiamo bisogno per essere ricchi è l’amore del Signore, amarlo, adorarlo, vivere in comunione con lui. Definitiva poi l’espressione finale: “Vattene Satana!”.
Gesù avrebbe potuto fare tutto quello gli chiedeva il diavolo, avrebbe ad esempio potuto trasformare le pietre in pane e così sfamarsi. Dove sta il senso di questa scelta di Gesù? Gesù ha preso la natura umana, è diventato come noi creature, e noi sappiamo bene, in quanto creature, che non possiamo modificare la realtà, che non possiamo evitare la via ordinaria dell’esistenza, in cui bisogna faticare per vivere, in cui bisogna imparare ad affidarsi totalmente a Dio e a non cedere all’idea di farci da soli, come se tutto dipendesse dalle condizioni in cui siamo. Questo è un dato fondamentale. Gesù non si è sottratto al limite, lo ha abitato con un totale affidamento al Padre. Nella serenità, nella pace, nell’amore confidente. In questo momento storico in cui tante situazioni - compresa l’emergenza sanitaria - rischiano di offuscarci la vista e farci pensare che le nostre esistenze si reggano su decisioni e situazioni umane, questa parola di assoluta fiducia nella cura del Padre verso di noi è una iniezione di vita!
Gesù ci sta dicendo che l’affidamento pieno a lui ci permetterà di attraversare anche il deserto più ostile e che stando uniti a lui riceveremo il necessario pur nelle difficili condizioni in cui la realtà può costringerci. Affidarci alla Parola che il Signore ci consegna questa domenica allora è un’immersione nella fiducia. Sentiamo la voce di Maria che incalza: “qualunque cosa vi dica, fatela! Non abbiate timore”. Qualunque sia la situazione in cui siamo chiamati a stare, Gesù ci guarda con amore e tenerezza e ci incoraggia a non temere, a restare calmi, nella fiducia che il Padre sa e provvede.
“Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Parole che ci entrano dentro e cambiano il nostro sguardo. Gesù qui sta citando l’insegnamento del Deuteronomio (Dt 8,3). Ma c’è anche un altro punto della Bibbia in cui è ripreso ed è il libro della Sapienza in cui è detto: “Non le diverse specie di frutti nutrono l’uomo, ma la tua parola tiene in vita coloro che credono in te” (Sap 16,26). Una espressione ancora più radicale: il Signore ci tiene in vita, non altro. E allora su questa Parola possiamo sperare – dove sperare equivale a certezza di fede! -, e anche nel silenzio di tutte le cose, possiamo attendere la fioritura, che Dio ha promesso e quindi realizza.

1° marzo 2020
Mt 4,1-11
I domenica di Quaresima

In quel tempo, 1 Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:
Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:
Il Signore, Dio tuo, adorerai:
a lui solo renderai culto».
11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

sabato 22 febbraio 2020

Sii libero come il Padre tuo


Importanti le indicazioni che Gesù nel vangelo di questa domenica ci offre. Le sue parole come sempre sono capaci di cambiarci, di farci osservare le cose da un altro punto di vista e spostarci dalle nostre convinzioni rigide, a cui siamo abituati e che possono talvolta diventare paraocchi che ci impediscono di essere anche altro oltre a quello che già sappiamo di noi e della vita.

Il punto riguarda l’esperienza del male. Quando fai un’esperienza faticosa, e subisci un’ingiustizia, non opporti direttamente. Cosa vuol dire Gesù? Ci sta chiedendo di essere passivi, e di prendere addosso tutto ma proprio tutto quello che ci capita? Non è esattamente questo il senso. Infatti non solo non dobbiamo opporci, ossia metterci sullo stesso livello istintivo di chi ci ha offesi, ma dobbiamo porgere l’altra guancia, dopo avere ricevuto uno schiaffo sull’altra. Porgere l’altra guancia significa saper incassare i colpi della vita, non stupirci che le persone e le situazioni non corrispondono ai modelli che abbiamo in testa, significa essere realisti e sapere che nulla è in nostro potere, tanto meno il comportamento altrui. Però quello che è in nostro potere è rispondere in altro modo alle provocazioni e alle prove, prenderci del tempo, saper sentire quello che ci accade dentro, saper guardare l’altro con un doppio sguardo, sapendo che molto spesso quello che fa è inconscio e deriva da ciò che è stato abituato a fare mentre non riesce a scegliere in maniera libera.

Allora cosa accade a chi mi schiaffeggia e vede in me un atteggiamento normale, accogliente, non scandalizzato da quanto ha fatto? Accade quello che è un piccolo miracolo: l’altro sperimenta la sua bontà essenziale, il fatto che è degno di stima e valore in modo incondizionato al di là di ciò che può esser capace di fare o non fare. Una cosa grande! Significa avere lo sguardo di Gesù, che prima ancora di qualunque indicazione pratica sugli atteggiamenti da assumere, ha guardano ogni persona con amore, con infinita tenerezza. Significa la vera libertà interiore, che il Padre celeste ci concede, quando vogliamo essergli figli. 

San Massimiliano Kolbe ha abbracciato questo criterio di fondo nelle sue relazioni, come dice quando spiega che «l’amore di Dio si manifesta non nel criticare gli altri, ma nell’impegnarsi per il loro miglioramento» (SK 987). E questo principio lo ha portato avanti amando anche i suoi carcerieri ad Auschwitz, pregando per loro, offrendo le sue sofferenze per la loro conversione. Questo è il cuore che Maria installa in noi quando ci affidiamo a lei, un cuore che si lascia trafiggere dall’amore e che pur patendo il dolore e i suoi limiti, desidera però assomigliare a Gesù, perché sente quanto è amato. 
Negli ambienti dove viviamo, lavoriamo e lottiamo ogni giorno, appartenere a Maria significa sentirci responsabili degli altri, e chiederci a ogni passo: come farebbe Maria in questa situazione? Come farebbe Gesù? Cosa il Signore mi sta chiedendo? Se non arriviamo a  mettere la felicità degli altri prima della nostra, non siamo ancora entrati nello spirito missionario dell’affidamento a Maria. Solo chi sa di essere amato può lanciarsi nell’avventura dell’amore. Non possiamo dare quello che non abbiamo. Come fare? Occorre solo riconoscerlo e aprire il cuore a Maria: lei si mostrerà madre e ci guiderà sulla strada giusta, nel tempo, con pazienza e umiltà, e chi persevera, vedrà le grandi cose che Dio fa in un cuore che si lascia aiutare e amare.
23 febbraio 2020
Mt 5,38-48
VII Domenica del Tempo Ordinario

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l'altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. 43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


sabato 8 febbraio 2020

Risplendi


Siete il sale della terra, siete la luce del mondo. A un primo ascolto di Gesù nel vangelo di questa domenica, ci viene da domandarci: chi noi? Siamo noi questo sale, questa luce? Cosa intendi Signore? In che modo questa tua parola ha a che fare con la mia vita quotidiana, concreta, ordinaria? 
Pensando ai due elementi su cui Gesù ci fa fissare l’attenzione, il sale e la luce, ci viene in mente il fatto che sia l’uno che l’altro esistono non per se stessi ma per gli altri. Il sale esiste per salare ciò che altrimenti sarebbe insipido e poco gustoso, la luce esiste per permettere alle cose di emergere, di ritrovarsi, di potersi scoprire nella loro bellezza e unicità. Non serve il sale se non dà sapore ai cibi. Non serve la luce se non illumina e dà gioia a chi è intorno. Per salare occorre perdersi negli alimenti. Non c’è altro modo, non si può restare nel barattolo e dare sapore al cibo. O si esce dal barattolo e si entra nelle cose, oppure si resta chiusi, e a lungo andare, ci si inacidisce. La luce non serve se non avvolge ogni situazione con il suo calore, dando speranza. In entrambi i casi il messaggio di Gesù è chiaro. Non ha senso dirsi cristiani se non si vive il suo amore in una maniera molto semplice e concreta, amando. 
Non sono le grandi imprese che cambiano le cose, è l’amore che ci si mette dentro a farle grandi. Nessuno di noi è attratto da persone, gruppi, famiglie in cui ognuno pensa a sé e non si vive la condivisione, la gioia di pensare e di fare le cose insieme, la gioia di volersi bene. Verrebbe da dire: ma che senso ha vivere in questo modo? Forse quello che manca è la fiducia nella possibilità di farcela. Forse tante volte ci abbiamo provato. Abbiamo amato, e ne abbiamo ricevuto delusioni, forse altre volte abbiamo sperato, e le cose non sono cambiate. E così pian piano abbiamo cominciato a credere che fosse inutile uscire dal barattolo e provare a salare il mondo delle nostre relazioni. Gesù non è una persona che si arrende davanti alle nostre sfiducie, è ostinato nel credere in noi, nel potenziale che abbiamo e che lui desidera che venga fuori. Vuole che proviamo il gusto bello di condividere la vita con gli altri in uno spirito costruttivo. 
Gesù arriva a tanto perché sa che la luce è lui e che solo lui che ci dà luce può chiederci di rifletterla a nostra volta. Il sale e la luce sono un dono, noi siamo un dono gli uni per gli altri. Il realismo sta nel riconoscere che abbiamo limiti derivanti dalla nostra storia e che alcuni messaggi negativi che abbiamo ingoiato continueranno ad attraversare la testa e il cuore. E che quindi qualunque persona ci riattivi queste ferite, tendiamo a vederla come un ulteriore nemico della nostra felicità. Ma la via di uscita c’è, ed è l’umiltà di riconoscersi creature fatte così, e quindi di non combattere se stesse, ma di fare un’operazione necessaria con queste parti di sé distruttive: accoglierle, saperci stare dentro e lasciarle, scegliendo di seguire altre parti, più adatte al nostro stato di persone adulte e libere. Perché nella realtà nessuno ha il potere di renderci infelici. Facendo così ci sintonizziamo col Signore, che ci è vicino nell’intimo del nostro essere per risanarci con la sua tenerezza e così darci la forza di vivere. In questa domenica, con la sua voce calda e rassicurante, Gesù ci chiede, quasi supplicandoci: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. Non chiudetevi ma apritevi alla vita. 
Ecco allora che affidarci a  Maria e rinnovare la nostra fiducia in lei diventa un ulteriore motivo di speranza. La luce di Maria giunge fino a noi, dopo 2000 anni il suo cuore materno continua a riscaldarci e a farci sentire figli amati. Chiediamo al Signore di poterla sempre più scoprire madre, di poterci riposare accanto a lei, trovando in lei ascolto e accoglienza incondizionata. Concediamoci un tempo per stare alla sua presenza, chiedendole quello che vogliamo, con semplicità. Faremo esperienza di cosa significa essere sale e luce. Perché come in un vera famiglia, quando c’è una madre che ama, c’è vita, gioia, si respira un pezzettino di cielo. E questo cielo si ha la gran voglia di condividerlo con gli altri.

9 febbraio 2020
Mt 5,13-16
V Domenica del Tempo Ordinario
In quel tempo 1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: "13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli".


La Via della felicità