sabato 26 maggio 2018

Andate e amate


Andate, battezzate, amate, Io sono con voi. Ritorniamo sui primi passi dei discepoli, in Galilea, il luogo in cui tutto era iniziato, in cui Dio in Gesù aveva gettato le basi di una vera e propria rivoluzione, ricreando l’uomo secondo Cristo, secondo il suo Figlio mandato in mezzo a noi. Sì perché per gli undici, gruppo ferito e scosso dopo i fatti della Passione, si tratta di rimettere mano a tutta la storia d’amore con Gesù svoltasi nei tre anni in cui avevano viaggiato in lungo e in largo per la terra di Palestina. Agli inizi avevano sentito la passione e l’entusiasmo di poter vivere una vita grande e di successo, dunque erano ancora illusi circa se stessi e il senso della vita. Ma camminando accanto a Gesù e imparando dalla sua vita donata un’altra logica – quella del dono e dell’amore – avevano pian piano dovuto abbandonare i propri schemi mentali e lasciarsi in qualche modo rifare, ricreare, anche ribaltare in tanti casi. Come quando Pietro, davanti all’eventualità della croce, aveva cercato di fermare Gesù. O come quando i dodici avevano fatto sogni di potenza ed erano stati invece invitati dal Maestro a farsi piccoli, servitori dei fratelli. 

Gesù li riporta in Galilea per aiutarli a riprendere in mano tutto il cammino e a collocarsi bene dentro il progetto di salvezza che Lui aveva in mente. Senza illusioni, e nella spiazzante semplicità e umiltà del Vangelo. È solo dopo avere fatto proprio il messaggio di Gesù, dopo averlo accolto davvero che i discepoli ricevono il mandato, il compito. Come a dire: siamo in grado di liberare gli altri se prima noi siamo stati liberati. Non possiamo offrire nuovi valori agli altri se prima non abbiamo noi modificato nel cuore la nostra scala di valori. Si tratta di quella trasformazione che ci fa uomini nuovi, come afferma san Paolo. E a questo punto che possiamo andare, possiamo farci prossimi, tendere la mano, prenderci cura, come Maria, delle ferite e delle solitudini dei fratelli, per immergerli nell’amore trinitario. La Solennità di questa domenica, la santissima Trinità, altro non è se non l’invito di Dio a salire sul monte che è il monte biblico cioè il luogo in cui cambiamo e ci lasciamo coinvolgere dall’amore divino per poi comunicarlo agli altri. L’unico potere che abbiamo e che Gesù ci partecipa è il potere di dare vita attraverso il nostro amore, di offrire cammini di guarigione attraverso la nostra cura. 

L’affidamento a Maria ci fa entrare in questa relazione d’amore, ci rende coscienti del dono che Dio ci fa e ci dà la forza, il coraggio, la spinta interiore a uscire da noi stessi per accogliere il punto di vista di Dio, e a sentire col suo cuore, pensare con la sua testa. Maria ci rende figli, perché come ha ben ricordato Papa Francesco, «il Signore ci raccomanda di accogliere la MADRE. Amarla non è poesia, è SAPER VIVERE. Perché senza la Madre non possiamo ESSERE FIGLI. E noi, prima di tutto, siamo figli amati, che hanno Dio per Padre e la Madonna per Madre».

Dal Vangelo secondo Matteo (28,16-20)
16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

sabato 19 maggio 2018

Guidati dallo Spirito


«Quando verrà Lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità». Dopo la grande Pasqua di 50 giorni, ecco la gioia della Pentecoste (cf Gv 15,26ss). Il Vangelo ci immette nel discorso di Gesù durante  l’ultima Cena, quando ci fa la promessa del dono di Dio, cioè l’invio dello Spirito Santo. Che non è una colomba, né qualcosa di vago, ma la sua vita divina che entra in noi attraverso il dinamismo dell’amore che risana, guarisce e rafforza per testimoniarlo nella vita. È il mistero, grande  e realissimo, della terza Persona della Trinità, lo Spirito Santo Amore. Gesù lo chiama anche il Paràclito, termine per noi abbastanza misterioso, che però, traducendolo dal greco, significa “colui che è chiamato accanto”, che viene in aiuto, il soccorritore, potremmo dire. Lo Spirito si fa vicino, ci riscalda il cuore, ci fa sentire amati, figli suoi, e così ci apre all’ascolto della Parola, soccorrendoci, cioè staccandoci dalle altre voci contrarie che vorrebbero distoglierci dal bene. Ci ricorda tutto quello che Gesù ci ha detto e ci conduce alla verità tutta intera. Questa verità non è una dottrina da imparare, non si stratta di contenuti di ragione da capire, è invece il suo amore e dunque noi come figli siamo inseriti in un dinamismo di donazione che ci porta fuori di noi, ci sposta da noi stessi per accogliere la nostra vera identità, che il Padre Celeste ci rivela. 

È più semplice di quel che sembra: quando pensiamo di sapere come stanno le cose, la Parola ci rimanda ad altre visioni, ci apre, ci conduce fuori, verso altre prospettive, che sono quelle vere, di Dio. Quando ci sentiamo in un certo modo, non fidiamoci di noi, fidiamoci piuttosto dello Spirito Santo che ci trasferisce nella vita di Dio e nel suo modo di sentire, di pensare, di vivere. Nelle icone della Pentecoste spesso c’è Maria al centro del gruppo dei discepoli che aspetta il dono dello Spirito e lo riceve abbondantemente. Colpisce il gesto delle sue mani: sono mani aperte, e che mostrano i palmi distesi all’osservatore. È il gesto della piena docilità a Dio (era il gesto del servo, dello schiavo) con cui Maria si è lasciata condurre dallo Spirito Creatore diventando lei stessa creativa, di quella creatività che solo l’amore di Dio può attivare nella nostra umanità spenta e fallibile. 

Il nostro affidamento a Maria rientra in questo dinamismo di vita spirituale: non è una pia devozione, non è una semplice buona intenzione, è accogliere con Maria la proposta concreta di cambiare il cuore e la mente, per aderire a una verità che noi non possediamo e che invece riceviamo dall’alto man mano che ci affidiamo, man mano che camminiamo nell’abbandono e nella pace. Maria ci introduce nella vita dello Spirito, lei che si è fatta perfettamente condurre da lui e ha ispirato al nostro patrono san Massimiliano Kolbe la spiritualità dell’abbandono totale nelle sue mani immacolate. Sentiamo rivolte  a noi queste parole oggi, mentre attendiamo il dono pieno dello Spirito Santo che ha qualcosa di nuovo e di più profondo da operare in noi e nella nostra storia: Abbandònati ogni giorno maggiormente nelle mani di Gesù e dell’Immacolata. Non affliggerti per le contrarietà e le difficoltà, ma lascia ogni cosa all’Immacolata. Lei può tutto: farà ciò che vorrà (SK 975, a. 1925).

Gv  15,26-27; 16,12-15


In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:«26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. 12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.»

domenica 13 maggio 2018

Andare con lui nel cuore


Dopo il “rimanete” nel mio amore, oggi “l’andate” dappertutto senza limiti e confini ad annunciare – dice Gesù -me, la mia Parola, il mio Amore. Ricolmi di me, portate me, aprite percorsi, preparate i cuori, favorite in ogni modo il mio arrivo. Nessuno di noi può trasformare un cuore e una vita, questa è opera di Dio. E però è volontà di Dio che noi collaboriamo col suo Spirito vivendo e testimoniando il vangelo. 

Gesù dice che ci saranno segni che accompagneranno le azioni di quelli che si affidano a lui, che credono in lui. Sono segni di guarigione e liberazione dal male. Non si tratta per noi battezzati di imporre le mani o di compere chissà quale altro gesto, ma di far passare lo Spirito attraverso la nostra fede, e la nostra preghiera e la nostra vita. Basta dare attenzione sincera a qualcuno che ha bisogno di ascolto per offrire uno spazio di salvezza. Basta un sorriso a chi è stretto dalla morsa del dolore per sentire che c’è anche altro, che non esiste solo il cono scuro della sofferenza. La creatività dell’amore non ha limiti, se non quelli che gli mettiamo noi. E poi abbiamo un’arma spirituale formidabile, la migliore del mondo, la creazione più stupefacente che Dio potesse fare: la preghiera. Se chiederete qualcosa nel mio nome, lo otterrete, aveva detto Gesù nell’ultimo discorso. È nel nome di Gesù, cioè nella fede in lui che la nostra preghiera può fare miracoli. La maggior parte delle situazioni difficili ci vedono impotenti e se dovessimo fermarci alle possibilità solo nostre, di iniziative concrete, saremmo perduti. 

Ma Gesù ci assicura che la preghiera fatta con perseveranza e confidenza e verità è capace di spostare un gelso dal suo terreno e trapiantarlo in mare. Ossia la preghiera rende possibile l’impossibile. È meravigliosa questa vita in comunione con Gesù in sinergia con lui in un continuo pensare, sentire, sognare e lavorare insieme, in cui nella concretezza delle situazioni Gesù ci conferma e ci aiuta a fare discernimento, a capire se stiamo andando nella giusta direzione o meno. In questa domenica dell’Ascensione, Gesù ci ricorda una immensa verità: la nostra grande dignità di figli a cui lui affida un compito bellissimo, quello di continuare quello che lui ha iniziato. Ci onora il Signore nel donarci tanta ricchezza, ci spinge a donare per ricevere il centuplo, ed è questa uscita continua da noi stessi per accogliere lui e per portare lui a caratterizzare il nostro affidamento a Maria nello spirito di Massimiliano Kolbe. 

Ci doniamo a Maria per uscire dai limiti di noi stessi e aprirci alle realtà nuove che il Signore desidera costruire anche con il nostro apporto, mentre incontriamo, testimoniamo, amiamo. E allora anche noi come gli apostoli non vogliamo fissare ammutoliti il cielo quasi come se Gesù se ne fosse andato, perché lui è rimasto fisso al centro del nostro cuore attraverso lo Spirito Santo. E Maria, madre e maestra, ci accompagna e ci aiuta a ripartire sempre nuovamente da questo centro, che è il segreto della felicità.


Dal Vangelo secondo Marco 16,15-20 
In quel tempo Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.
Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 
E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 
prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. 
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano. 

sabato 5 maggio 2018

Amar-Sì come Gesù


Rimani nel mio amore. Un Vangelo che scardina l’insicurezza umana – frutto dell’autosufficienza – e ci innesta in una relazione fondante che è alla base della nostra identità forte di figli di Dio (cf. Gv 15,9-17). Se qualcuno chiedesse a un cristiano “a che ti serve credere?”, la risposta più sensata sarebbe “a vivere”. Sì, a vivere. Ne facciamo esperienza in maniera eloquente all’interno delle realtà che frequentiamo: quando la persona si stacca dalla relazione di fiducia con Dio, si perde. Ecco perché i cammini di fede che in tante maniere vengono proposti servono a rimettere sulla strada del senso e della felicità. Recuperare ciò che si è smarrito o di cui non si è ancora coscienti. Gesù qui ci sta dicendo che se rimaniamo nel suo amore impariamo pian piano ad amare come lui ci ha amati. Parole grosse! Gesù ha dato la vita per noi, ha passato i suoi trent’anni e più sulla terra distribuendo carezze e versando l’olio della consolazione sulle piaghe purulente degli uomini e delle donne che la vita ha messo sul suo cammino. 

Attaccato, ingiuriato, messo in ridicolo e disprezzato, ha suggerito con calma e intelligenza pensieri nuovi, capaci di aprire una breccia nelle logiche e nel cuore degli accusatori, e di mostrargli che nelle relazioni, quando ci si sta da figli di Dio, ciò che conta è cercare il bene, proprio e dell’altro. Mentre gli accusatori si attaccavano a motivi futili e inessenziali, per fermare la sua opera di guarigione e liberazione, Gesù andava dritto perché aveva a cuore la felicità di chi gli stava di fronte. Quante volte facciamo esperienza di queste contraddizioni! Mentre cerchiamo l’essenziale e gioiamo per la gioia degli altri, alcuni lavorano per mettere i bastoni tra le ruote, per rilevare quello che non è stato fatto bene, eccetera eccetera. Dopo una bella celebrazione assai frequentata e gioiosa, mentre alcuni si dicevano contenti per il tanto bene seminato, ecco una voce che disse “sì però non era liturgico quel canto!”. Ovviamente non era così, il coro aveva cantato più che bene… però, però… ecco queste voci che si infiltrano, e sembra non abbiano altro interesse che quello di rilevare ciò che a loro avviso non è stato fatto bene. 

Gesù non è così, l’amore di cui ci ricolma l’anima e che ci fa sentire una sicurezza meravigliosa e indistruttibile è liberante e mette ali alla nostra vita. Maria è stata anche lei capace di farsi abbracciare dall’amore del Padre con tutta l’apertura del cuore, e ha vissuto una vita bella, è stata davvero felice. Affidarci a lei significa entrare nel dinamismo d’amore con cui il Padre ci attira a sé attraverso l’umanità di Cristo. Maria è una grande collaboratrice di Dio, è l’alleata del Padre, la Madre di Gesù, la docile figlia dello Spirito Santo Amore. Sì, affidarsi è l’unico modo intelligente per saper vivere e per vivere da figli di Dio. Non c’è da sforzarsi, l’amore ci precede, ci attrae e ci attende. A noi però accogliere l’amore, a noi accogliere Maria. Questione d’intelligenza, di sano realismo, di umiltà… ciascuno trovi la sua motivazione.

giovedì 3 maggio 2018

Accogliere Maria

"La Madre non è un optional, una cosa opzionale, è il testamento di Cristo. E noi abbiamo bisogno di lei come un viandante del ristoro, come un bimbo di essere portato in braccio. È un grande pericolo per la fede vivere senza Madre, senza protezione, lasciandoci trasportare dalla vita come le foglie dal vento. Il Signore lo sa e ci raccomanda di accogliere la Madre. Non è galateo spirituale, è un’esigenza di vita. Amarla non è poesia, è saper vivere. Perché senza Madre non possiamo essere figli. E noi, prima di tutto, siamo figli, figli amati, che hanno Dio per Padre e la Madonna per Madre.

Maria è «segno di certa speranza e di consolazione per il peregrinante popolo di Dio» (Cost. Lumen gentium, VIII, V). È segno, è il segno che Dio ha posto per noi. Se non lo seguiamo, andiamo fuori strada. Perché c’è una segnaletica della vita spirituale, che va osservata. Essa indica a noi, «ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni» (ivi,,62), la Madre, che è già giunta alla meta. Chi meglio di lei può accompagnarci nel cammino? Che cosa aspettiamo? Come il discepolo che sotto la croce accolse la Madre con sé, «fra le cose proprie», dice il Vangelo (Gv 19,27), anche noi, da questa casa materna, invitiamo Maria a casa nostra, nel cuore nostro, nella vita nostra. 

Non si può stare neutrali o distaccati dalla Madre, altrimenti perdiamo la nostra identità di figli e la nostra identità di popolo, e viviamo un cristianesimo fatto di idee, di programmi, senza affidamento, senza tenerezza, senza cuore. Ma senza cuore non c’è amore e la fede rischia di diventare una bella favola di altri tempi. La Madre, invece, custodisce e prepara i figli. Li ama e li protegge, perché amino e proteggano il mondo. Facciamo della Madre l’ospite della nostra quotidianità, la presenza costante a casa nostra, il nostro rifugio sicuro. Affidiamole ogni giornata. Invochiamola in ogni turbolenza. E non dimentichiamoci di tornare da lei per ringraziarla".

Papa Francesco

La Via della felicità