domenica 26 gennaio 2020

Lascia le reti


Convertirsi, girarsi verso, ascoltare, contemplare il Signore che è vicino. Questa domenica il vangelo di Matteo ci porta a Cafarnao, la città di Pietro, e nello specifico sulle rive del lago di Galilea. È mattina, Pietro e i suoi compagni pescatori sono indaffarati col lavoro. C’è chi getta le reti in mare, chi le ripara cucendo le maglie. Una giornata ordinaria, fatta di lavoro, di fatica, ma non solo. Fatta anche di tante attese e desideri. Di sogni nascosti nel fondo del cuore, quegli spazi immensi che profumano di pace e che forse in qualche momento avevano sperimentato, mentre soli se ne stavano appoggiati alla barca, con lo sguardo verso l’orizzonte.

Quando Gesù passa i futuri apostoli sono piegati sulle loro cose. La realtà sembra avere un linguaggio più forte dei sogni. E tocca dunque curvarsi sulle reti, abbassare lo sguardo. Però Gesù passa. La sua voce squarcia la sordità dei cuori. Squarcia il potere delle disillusioni, il tentativo di non sentire dentro tanta sete di eternità. “Venite dietro a me, vieni dietro a me, seguimi. In questo momento non vedi che le reti rotte da riparare? Con me riparerai i cuori spezzati di tante persone, ti renderò capace di amare e di guarire. Ma prima dovrai farti riparare da me. Anche il tuo cuore è segnato da tante sofferenze, da piaghe non elaborate, o troppo grandi da poter affrontare. Con me sarà possibile ricominciare.”

I primi discepoli, Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, lasciano subito le reti e lo seguono. Un verbo importante il “lasciare”… cosa ho bisogno di lasciare per potermi far afferrare da Cristo? A volte legami che opprimono invece che liberare, a volte peccati che deprimono e tolgono energia vitale, a volte la sfiducia e il ridurre la vita a un livello solo orizzontale, in cui i problemi se sono grandi ci schiacciano perché non abbiamo che le nostre deboli forze. Gesù, dice Matteo, «percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo».

Non c’è anima e vita che Gesù non attraversi, lui percorre tutta intera la nostra persona, è in noi e con noi, e la sua azione è costante, il suo Spirito ci rassicura, ci annuncia la speranza, ci guida, ci instilla fiducia, ci corregge, ci ama. E così facendo guarisce da ogni tipo di malattia. Gesù è la luce che oggi splende nelle tenebre, qualunque esse siano. L’affidamento a Maria, come gesto di fiducia e di apertura, come scelta di appoggiarci a Dio, ci tiene aperti alla luce che è Gesù, favorisce il nostro volgerci a lui, convertirci e giraci verso di lui. Maria, dicevano i Padri della Chiesa, è stata la luna che ha vissuto della luce del sole, Cristo suo figlio. Affidandoci a lei, impariamo a riflettere la stessa luce, dono d’amore, l’unico capace di riscaldare il cuore, di darci il coraggio di vivere, lavorare, soffrire e morire per amore.

26 gennaio 2020
Mt 4,12-23
III Domenica del Tempo Ordinario

Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.


sabato 18 gennaio 2020

Riconoscere Dio


Mentre è intento a svolgere il compito che Dio gli aveva dato, quello di battezzare nel fiume Giordano, Giovanni vive un momento intenso. Alzando lo sguardo, si accorge che Gesù gli sta venendo incontro, quel Gesù che lui sta annunciando, di cui sta preparando l’arrivo. Proviamo a entrare nella scena: Gesù si era da poco fatto battezzare da Giovanni, e ora eccolo nuovamente mentre si dirige verso di lui. Il suo arrivo, forse imprevisto, crea un sussulto nel Battista e gli fa dire parole fondamentali, che riguardano la sua identità di Salvatore. “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo!, ecco l’uomo di cui sto parlando, l’uomo inviato da Dio, il profeta che ha il potere di liberarci, di guarirci, di risanare le nostre esistenze. Su di lui ho visto scendere lo Spirito Santo, per cui io testimonio che è proprio lui il Figlio di Dio”. Giovanni lo aveva riconosciuto pur non avendolo ancora visto. Dice infatti: “io non lo conoscevo”. Come aveva fatto dunque  a riconoscerlo? Attraverso un’ispirazione divina, come lui stesso confessa.
Riconoscere subito Gesù quando passa. Sembra la cosa più scontata per Giovanni, ma lo è perché tutta la sua esistenza è stata plasmata dall’ascolto della voce interiore di Dio, tutti i suoi giorni sono stati scanditi dalla ricerca della sua volontà. Giovanni ha fatto una scelta forte di vita, ha rivolto la sua attenzione alla voce dello Spirito e per non farsi agganciare da altri tipi di messaggi, si è ritirato nel deserto, ha scelto il silenzio per accedere al luogo più intimo della sua interiorità, e abituare il suo spirito a riconoscere le ispirazioni dello Spirito Santo. Sintonizzarsi con Dio non è facile se si è completamente identificati con le cose di questo mondo, se l’unico pensiero della giornata è rivolto alle cose da fare, senza cercare all’interno di esse la presenza di Dio, la sua vicinanza e senza quindi camminare con lui. San Massimiliano Kolbe diceva che non si ascolta lo Spirito nella confusione.
Il messaggio è per  noi: se sentiamo di non capire dove stiamo andando, che direzione stiamo seguendo nella vita, anche se abbiamo le migliori intenzioni, questo è segno che dobbiamo ritagliarci uno spazio di ascolto, di silenzio, in cui far tacere i messaggi contraddittori, e ascoltare il punto di vista di Dio, quello che lui pensa e vuole per noi, e lo possiamo fare leggendo e interiorizzando il vangelo del giorno, come stiamo facendo ora. Il vangelo del giorno è il pane spirituale con cui il Signore attraverso la Chiesa ci nutre spiritualmente. Seguendo la Parola di Dio e come ci risuona dentro giorno per giorno, cogliamo il senso del nostro itinerario. E ci diamo da fare per corrispondere a quanto intuiamo nella preghiera.  
Giovanni non parla di sé, non gli interessa acquistare popolarità, anche se molti lo seguono con ammirazione. Il suo unico scopo è quello di rimanere in relazione con Dio, e poiché Dio gli chiede di essere se stesso, ossia il profeta che prepara i cuori all’incontro con Gesù, lui semplicemente fa quello che è. Ed è contento così. Se uno è quel che deve essere, che altro può volere?  In tutta questa scena Gesù non dice una parola. Parla solo Giovanni. Con la sua voce ci testimonia che Gesù è Dio, Gesù non lo dice ancora di se stesso, lascia che lo dica un altro. Si serve di noi per preparare i cuori ad accogliere lui, e l’opera della sua grazia.
L’affidamento a Maria ci pone nell’ottica del Battista: ci fa essere persone consapevoli del fatto che Gesù passa, passa continuamente nella nostra vita e che possiamo riconoscerne il passo mantenendoci in attento ascolto. Occorre l’esercizio dell’udito interiore, quell’attenzione del cuore che ci fa cercare e attendere la sua rivelazione. Il Signore è vicino, c’è già in noi e nelle nostre cose, questo ci dice Maria, lei che per sempre ci invita a guardare a lui. C’è e possiamo riconoscerlo mantenendoci interiormente vigili. Quello che chiediamo a Maria è che ci aiuti a orientarci a ogni istante al Signore, in una vita che acquista senso perché nasce dal dialogo con lui e trova nel suo consiglio e aiuto l’unica guida sicura.

19 gennaio 2020
Gv 1,29-34
II Domenica del Tempo Ordinario

29 In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui disse: «Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! 30 Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. 31 Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele». 32 Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. 33 Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. 34 E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio».


sabato 11 gennaio 2020

Battezzati nell'amore


Nell’Epifania Gesù si è rivelato, bambino, ai pagani, qui al fiume Giordano Gesù si rivela a Israele. C’è un progetto voluto e cercato, quello di scendere dalla Galilea alla Giudea, non in un punto qualunque, ma nel fiume Giordano, dove sta accadendo qualcosa di molto grande. File di peccatori, simbolo dell’umanità dolente e ferita, si accalcano per immergersi nelle acque del fiume e ricevere dalle mani di un profeta infuocato come Giovanni il battesimo di conversione. Sanno che facendo questo gesto di umiltà, possono accedere all’aiuto di Dio ed essere resi capaci di accogliere il Messia ormai vicino che a differenza del Battista, battezzerà in Spirito Santo.

Ecco allora il primo moto di meraviglia: ma che cosa ci fa Gesù lì? Ha forse bisogno di purificarsi? Il nostro stupore si associa a quello del Battista. «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Un ragionamento e un sentire che non fanno una piega. Ci rassicura un Dio che sta al suo posto. Ma Gesù ci spiazza: si mette al nostro posto. Ci salva dal di dentro. «Lascia fare per ora…», lascia che io venga battezzato, agevola questo mio desiderio, fatti strumento di questo evento incomprensibile che è il mio battesimo. Gesù scende nelle acque sporche dell’umanità, si fa solidale, vicino, pelle a pelle con tutti gli altri, con il capo basso in segno di umiltà e obbedienza al Padre. Come potrebbe salvarci in tutto e per tutto se non prendendo su di sé tutto? «Ciò che non è assunto», dicevano gli antichi padri, «non è nemmeno redento». Ed è in questo che Gesù ci conforta nelle nostre quotidiane lotte e sofferenze. Come potremmo vivere senza sentirci dentro questo sguardo di misericordia? Come potremmo stare in piedi e farci forza se non fossimo sostenuti dalla certezza che in ogni istante possiamo parlare con lui, confrontarci con lui, chiedergli consiglio, ascoltarlo  nell’intimo della coscienza così come nelle cose che ci accadono? Che speranza avremmo mai se dopo esserci pentiti non potessimo essere illuminati dal suo perdono, risanati dalla grazia?

Il Signore è caparbio nel voler stare con noi, perciò alla fine il Battista cede e “lo lasciò fare”. Gesù si immerge e appena battezzato, avviene l’inedito. Gesù vede scendere su di sé lo Spirito Santo e sente la voce del Padre che lo chiama “figlio amato in cui ha posto il suo compiacimento”. Il riferimento è a Isaia 42, a quel Servo del Signore nel quale Dio si compiace e che dovrà portare sulle sue spalle il peso dell’umanità, dovrà salvarla attraverso le sue piaghe, la sua offerta.

Gesù quindi inizia la sua vita pubblica sapendo che il percorso sarò tutto in salita umanamente parlando, non gli sarà evitata la vita con tutti i suoi annessi e connessi, come per noi, ma in tutto lui potrà sentirsi vincitore in virtù dell’amore trinitario nel quel è immerso e dal quale trae tutta la sicurezza. Non gli sarà evitata la tempesta, ma la saprà gestire camminando sulle acque, non gli sarà evitata la morte, ma la saprà attraversare e trasformare col suo amore sofferente. Gesù è dentro l’abbraccio trinitario e questo è il dono che ci partecipa. Affidarci a Maria significa entrare in questo abbraccio trinitario che ci fa sentire al sicuro qualunque situazione siamo chiamati ad affrontare. Questa sicurezza che è certezza incrollabile di essere in lui è la più grande forza dell’universo, questa sicurezza ci fa fare tutto e attraversare tutto come Massimiliano Kolbe, che conservò la pace e la serenità perfino ad Auschwitz.

12 gennaio 2020
Mt 3,13-17
Battesimo di N.S. Gesù Cristo

13In quel tempo Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento»



sabato 4 gennaio 2020

E luce sia


«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Giovanni col suo avvio del vangelo meglio conosciuto come Prologo, cerca di accostare attraverso un linguaggio poetico e simbolico il mistero di Dio, che ha scelto consapevolmente di venire a visitarci, di farsi uomo, di sentire, pensare, provare e sperimentare in sé la bellezza e la fatica di esistere nel limite. Non per curiosità ma per salvarci nel limite che ci portiamo addosso, per liberarci mentre remiamo nei mari in tempesta della vita, per darci pace e amore e farci sentire che siamo suoi, al sicuro, mentre attraversiamo l’esistenza quotidiana nelle piccole e grandi situazioni da affrontare e da scegliere. 
Gesù si è impastato con noi per dimostrarci che la pasta di cui siamo fatti è attraversata dalla sua presenza, dal suo Spirito e che quindi non siamo mai soli, anzi con l’energia che ci viene da lui, siamo capaci di uscire da noi stessi e fare passi verso il bene, verso gli altri, possiamo spingerci ad esplorare nuovi percorsi in cui metterci alla prova e dare al Signore l’opportunità di confermarci nella scelta. Non è stando fermi e seduti nelle nostre paure e nei nostri propositi che cambiamo la nostra vita, ma facendo piccoli e concreti passi da verificare con lui. Passi di fiducia, dunque, resi belli e caldi da un senso di fiducia in lui e nel suo amore che salva. «Signore, tu che mi accompagni  e mi ispiri, fammi capire se questa direzione è opportuna per me ora». Il Signore non tarderà a risponderci, non tramite whatsapp ma tramite la vita, mentre noi agiamo e proviamo. Da quando si è incarnato Gesù abita la nostra carne, la nostra vita, è la vita il luogo teologico in cui ci sintonizziamo con lui e impariamo a camminare sulla strada giusta. Se il nostro sguardo si fa attento, contemplativo, riesce a vedere i segni personali che lascia sul cammino. E non è questa vicinanza piena di senso la più grande gioia che possiamo gustare? Non è forse questo sapere e sentire che stiamo costruendo insieme a lui la nostra vita, la nostra famiglia, le nostre relazioni, il nostro futuro a dare spessore a tutto quello che facciamo?
Giovanni in questo vangelo ripete più volte la parola “luce”, e afferma che la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. È un presente (“splende”) eterno, come  a dire che le tenebre ci saranno sempre, dentro e fuori di noi, e questo è qualcosa con cui dobbiamo fare pace, ma la luce di Cristo splende proprio grazie alle tenebre, che loro malgrado sono costrette a riconoscerne la luminosità. Non c’è notte per la nostra anima e per la nostra vita che possa vincerci se siamo uniti al Signore. Non è poesia, è fede, fede in lui, nella sua opera di guarigione dei cuori e nella sua azione risanante delle esistenze. Questo è il senso anche dell’affidamento a Maria: perché ci affidiamo? Perché ci mettiamo sotto la protezione materna di Maria? Lei ci aiuta a vivere questa parola che Giovanni ci consegna oggi: «A chi accoglie il Signore, è dato il potere di diventare figli di Dio». Quale potere? Non quello dei soldi, dell’apparenza, della competizione, che sono solo segno di una inconsistenza interiore che si vuole colmare col prevalere sugli altri, ma il potere della grazia, l’energia spirituale che in quanto figli riceviamo da Dio, energia che è gioia, pace, senso di armonia interiore, di fiducia, pur nelle prove che non mancheranno mai. Energia che nasce dalla relazione d’amore con Dio. È il saperci amati e accolti da Gesù che cambia la nostra percezione delle cose. 
Giovanni ai piedi della Croce accolse Maria come madre, Gesù stesso è stato accolto da Maria e Maria ha accolto il progetto del figlio, abbracciandolo lei stessa. Saremo solo noi a restare fuori da questa dinamica d’amore? Affrettiamoci ad accogliere così come siamo, col desiderio e con le deboli forze che abbiamo, la luce di Gesù e della sua Parola viva. Non ci spaventi la nostra debolezza. Per accogliere la grazia occorrono solo la semplicità e l’umiltà del cuore. Il mettersi nelle sue mani, come bambini. E lui agirà.
5 gennaio 2020
Gv 1,1-18

II domenica dopo Natale


1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2Egli era, in principio, presso Dio:
3tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
4In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
5la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta.
6Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
9Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
10Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
11Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
12A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13i quali, non da sangue né da volere di carne
né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
14E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me
è avanti a me, perché era prima di me».
16Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
18Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.



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