sabato 13 aprile 2019

Nelle tue mani


«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Parole decisive con cui si chiude il Vangelo di questa domenica delle Palme e della Passione del Signore (cf. Lc 22,14-23). Parole che sono un testamento per noi, l’indicazione preziosissima che Gesù ci dà per aiutarci a entrare nella vita. Qual è questa chiave che apre la porta della nostra relazione con Lui? È la fiducia totale, che si fa non solo intenzione, ma consegna di tutto se stesso al Padre. È un accogliere la realtà non come luogo da cui difendersi perché le cose non vanno come vorremmo noi, ma come luogo da amare perché mentre le cose vanno come vanno Gesù è con noi, immerso nella nostra vita, per camminare con noi, ed esserci custode e Padre. Infatti guardando i suoi discepoli addormentati “per la tristezza” Gesù li sveglia e gli dice: “Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione”. 

Dice questo dopo avere combattuto la sua battaglia più grande, quella contro la tentazione di allontanarsi dalla sofferenza. Gesù, da vero uomo qual è, ha voluto soffrire fino all’ultimo l’angoscia di chi è stretto nel dolore e non trova via d’uscita. La sua è stata una vera e propria “lotta” spirituale, così intensa e coinvolgente da fargli sudare sangue. Un dolore così intenso che il soma (il corpo) stesso ne diventa parte esprimendolo con il suo linguaggio, quello dei sintomi fisici. L’atto di volontà con cui Gesù si piega tutto al dolore accettando dalle mani degli uomini la sua sorte è determinato (“non la mia, ma la tua volontà”):  accettandola per amore e con amore, ha trasformato il dolore in gioia, la morte in vita.

Dopo questa consegna Gesù non ha più lotte da combattere. In qualche modo tutto si è compiuto nell’Orto degli Ulivi perché quando la volontà umana diventa uguale a quella divina, non c’è più nulla da chiedere all’uomo. Ha raggiunto il massimo delle sue possibilità. Per noi Gesù non è solo il Signore della vita ma anche il modello di come si affronta la vita e l’affidamento a Maria, vissuto con questo spirito di consegna di sé, è davvero una porta che ci apre il passaggio al cuore di Cristo. Affidarci a nostra Madre, infatti, significa volere ciò che vuole lei, perciò la nostra preghiera diventa una supplica affinché ogni istante possiamo rimanere in questa via, con tenacia e con amore. Maria ci conduce a Gesù e Gesù ci chiede di pregare. Non ci chiede di domandare una vita senza tentazioni, senza sofferenza, senza prove, ci chiede di non dormire per la tristezza mentre siamo provati. Ma di restare svegli, in piedi, con la corazza della fede, direbbe Paolo, e l’elmetto della speranza.

«Abbandònati, o anima, nelle mani del Padre tuo!», scrisse nell’agosto del ‘40 san Massimiliano Kolbe, negli appunti raccolti per un libro che non fece in tempo a pubblicare. Raccogliamo con gioia questo invito semplice eppure tanto laborioso spiritualmente, perché frutto sempre di una lotta, piccola o grande, a seconda dei casi e dei momenti, una lotta tra il nostro io naturale (che vuole sempre e solo ciò che è comodo e piacevole) e l’io autentico, che riceve vita da Dio ed è capace di amare come lui, trovando la vita nel donarla.

sabato 6 aprile 2019

Riconoscersi creature


Di grande intensità e impatto emotivo la scena che Giovanni questa V domenica di Quaresima ci pone davanti agli occhi. Siamo a Gerusalemme, c’è tanta folla intorno a Gesù che, seduto, come ogni buon maestro, insegna la Parola di Dio. Siamo dentro un’atmosfera piuttosto calma, ma ecco che all’improvviso qualcosa si spezza. Entra in scena con una certa veemenza un gruppo di scribi e farisei. Cosa vogliono? Giovanni ce lo dice senza mezzi termini: vogliono metterlo alla prova e vedere dove possono farlo cadere in contraddizione con la Legge. Se dirà o farà qualcosa che non è contemplato nella Legge, a morte! E per raggiungere il loro scopo usano una donna, peccatrice, perché colta in flagrante adulterio e la mettono in mezzo, tra loro e Gesù, giudicandola degna di morte. E domandano perciò a Gesù quale sia la sua opinione in merito. A questo punto siamo colti di sorpresa!

Ci aspettiamo una sua parola, un suo gesto in difesa della donna, insomma una reazione immediata di sdegno o altro e invece ci ritroviamo a guardare Gesù mentre scrive per terra col dito. Mentre le forze giudicanti vogliono coinvolgere Gesù in quel movimento negativo e distruttivo, Gesù fa una cosa diversa. Crea una cosa nuova, fa germogliare dalla polvere un atteggiamento completamente differente e innovativo. L’atteggiamento di chi sa distanziarsi da ciò che accade, dalla rete di situazioni in cui è inserito per starci dentro con una prospettiva diametralmente opposta. Quella che lui vede è una persona. E in particolare una persona che soffre. Perché chi si trova ai margini non lo sceglie, ma è a sua volta vittima o del male altrui o della propria debolezza. Gesù si ritira in un silenzio eloquente. Quelli però insistono. Non demordono, anzi vedendo l’atteggiamento di Gesù si inaspriscono ancora di più. Chi è chiuso nel suo guscio di irrazionalità non riesce neppure a dialogare senza sentirsi attaccato nella sua identità. E Gesù torna a stupirci proferendo quella parola che resterà come un dardo infuocato nella memoria dei credenti: “Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei”. Come a dire: giudichi nell’altro ciò che non vuoi vedere in te! Dopodiché riprende il suo misterioso gesto di scrivere per terra. Qui ci viene un tremore. Gesù si espone alla loro rabbia. Standosene lì solo, non ha difese. Ma quegli uomini, uno alla volta, cominciando dai più anziani, se ne vanno. Colpiti e affondati! Rimangono a questo punto solo Gesù e la donna. A questo punto Gesù le offre la sua misericordia, il perdono che la rimette nella vita dicendole “va’ e d’ora in poi non peccare più”. Gesù riscrive la Legge. La riscrive mettendo al centro la persona, così come la vede Dio, suo creatore. Per essa dà la vita.

Affidarci a Maria, che ha compreso la misericordia di Dio, questo amore viscerale e personale per ciascuno di noi, significa oggi entrare con ancora più consapevolezza in questa realtà, farcene coinvolgere profondamente. Sentirne la grandezza, la dolcezza, la forza vitale. Maria è sprofondata nella gioia più intensa quando si è resa conto che per fare esperienza della misericordia occorre fare una cosa semplicissima: riconoscere e non nascondere la propria creaturalità, mettersi nelle mani di Dio come bambini in quelle paterne. Alla fine restò solo la misericordia e la misera, come disse s. Agostino. Se mi accolgo per ciò che sono, sono nelle condizioni di accogliere anche il suo amore per me. Forse Gesù scrivendo per terra sta riplasmando la nostra creaturalità, il nostro essere fatti di terra, facendoci capire che solo accogliendoci come Maria si è accolta – nella nuda creaturalità – possiamo far germinare in noi il seme divino e portarlo fino a maturazione.

7 aprile 2019
V domenica di Quaresima
Gv 8,1-11
In quel tempo
1 Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».

La Via della felicità