sabato 28 settembre 2019

Ricco chi ascolta Te


Potente  nella sua semplicità il vangelo di questa domenica. Gesù ancora una volta racconta una parabola per dare un messaggio per la vita, che ci tocchi e ci trasformi, se siamo disposti a metterci in discussione e ad aprire gli occhi. C’è un povero (chiamato Lazzaro) e c’è un ricco. Il povero cerca aiuto presso il ricco ma trova solo porte chiuse. Quando muore va in paradiso mentre il ricco è tormentato dal dolore. Vedendo il povero nella gioia, gli chiede aiuto e gli chiede anche di mandare il povero dai suoi parenti per fargli presente che bisogna aiutarsi nella vita se non si vuole poi patire dopo. Abramo, il santo patriarca che è accanto al povero, gli risponde: “I tuoi parenti - così come tu quando eri in vita – possono ascoltare la voce di Dio, hanno la Parola di Dio”. Possono leggerla, possono pregarla, possono farsi toccare interiormente dalla voce di Dio che li guida. Dunque non c’è bisogno di mandare il povero da loro. Perché se uno non crede alla Parola di Dio non crede neppure se vedesse uno risorto dai morti! 
Messaggio potente dicevamo… e quanto è vero! Finché non ci arrendiamo al fatto che Dio abita in noi col suo Spirito e quindi ci invita e suggerisce pensieri mentre ci fa allontanare dolcemente da ciò che invece ci fa male, finché non apriamo gli occhi e le orecchie, non capiamo né no stessi né Dio. Possiamo credere ma non farci trasformare il cuore e la vita. Anche se uno vedesse Cristo risorto, se non apre il cuore e non si ascolta dentro, se non molla le sue convinzioni per accoglierne di differenti, non crederà, non si affiderà e non potrà farsi guarire dentro dalla grazia. 
In questo senso accogliere Maria nella nostra vita ci permette di fare dei passi verso la fiducia, ci aiuta a mettere in atto delle strategie spirituali quando vediamo che fatichiamo a lasciare la presa e ad abbandonarci nelle mani del Signore. Sono tanti i motivi, per ciascuno il suo: paure, sofferenze, ferite inesplorate e irrisolte, debolezze, egoismo, mancanza di perdono, di riconciliazione. In fondo affidarsi è un gesto semplice ma ha dentro una potenza! La forza della fiducia che è dono di Dio. Solo vivendo questa sfida si può trovare la risposta.
29 settembre 2019
Lc 16,19-31
XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:"19C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: «Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma». 25Ma Abramo rispose: «Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi». 27E quello replicò: «Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento». 29Ma Abramo rispose: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». 30E lui replicò: «No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno». 31Abramo rispose: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti»».


sabato 21 settembre 2019

Usa bene l’amore che ti do


Questa domenica Gesù ci raggiunge con una parabola, un racconto molto interessante: c’è un proprietario terriero e c’è un amministratore. Un giorno questo amministratore viene richiamato dal proprietario perché sta facendo male il suo lavoro e dopo il colloquio l’amministratore, immaginando di essere licenziato, decide di chiamare i debitori del suo datore di lavoro e di fargli tutta una serie di sconti sul prezzo dovuto. In questo modo si fa tanti amici che potranno aiutarlo al  momento del bisogno. Quando il proprietario viene a sapere il fatto, invece di rimproverarlo come ci aspetteremmo, si congratula e ne riconosce l’abilità. 
Cosa vuole dirci questa parola? Con essa Gesù ci mette davanti a una domanda: “Come utilizzi la ricchezza che io ti do?”. E subito ci viene da chiedere: quale ricchezza Signore? La ricchezza di cui parla non ha a che fare coi soldi, perché Gesù non è venuto a portarci dei soldi. Ma ha a che fare con qualcosa di molto più fondamentale, come lo è l’aria per poter respirare. Questa realtà vitale senza la quale non sappiamo come vivere né cosa siamo e dove andiamo è il suo amore. È il suo donarsi a noi, il suo esserci, il suo provvedere a ciascuno di noi. È la vita che Lui ci comunica attraverso il suo Spirito. Allora capiamo meglio la domanda su come usiamo la ricchezza che ci dà! E capiamo anche perché l’amministratore fa bene a ridurre i debiti. Qual è questo debito cancellato se non il nostro amore verso gli altri che colma e raddrizza le tante cose storte  che facciamo e che subiamo? In effetti l’esperienza ce lo dice: tutte le volte in cui non ci siamo lasciati sopraffare da sentimenti e pensieri negativi, di risentimento, o di tristezza e scoraggiamento, e abbiamo scelto di guardare persone  e situazioni con occhi velati di amabilità e di comprensione, allora abbiamo sentito di essere uniti a Dio. San Paolo nella lettera ai Romani dice altrettanto: “Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell'amore vicendevole”. In effetti esiste una misteriosa legge spirituale: "La grazia si attiva e cresce nella misura in cui usciamo a donarla" (papa Francesco). Dunque la ricchezza che Dio ci mette nel cuore, se la mettiamo in circolazione, miracolosamente diventa attiva e cresce, come se prima fosse sì esistente ma come addormentata. 
L’affidamento a Maria, nella sua essenza, è un consegnarsi alla Madre perché ci aiuti a tenere sempre lo sguardo fisso su Gesù, e il cuore aperto al suo amore. Non è un piccolo dono avere un tale aiuto da Maria! Perché a ogni passo una parte di noi rema contro la fiducia, essendo noi fatti di terra e cielo, segnati da una costante ambivalenza. E allora sentirci costantemente sorretti da questa Madre ci rafforza nel positivo, ci stimola a continuare sulla strada intrapresa quando arrivano degli ostacoli che fanno pensare a uno stop. "Usa bene i doni che il Signore ti dà", ci dice Maria, "apriti alla sua azione, ascolta la sua voce inconfondibile! Lasciati amare e consolare". Confida in Lui e attendi con pazienza e umiltà che si compia la sua opera nella tua vita. Lasciati condurre da Lui, da me… direbbe san Massimiliano Kolbe “Lasciati condurre nella pace; non sei tu, ma è la grazia di Dio con te che deve fare tutto. Le grazie le ottengono quelli che hanno fiducia”.
22 settembre 2019
Lc 16,1-13
XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

In quel tempo,1 Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: «Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare». 3L'amministratore disse tra sé: «Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua». 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: «Tu quanto devi al mio padrone?». 6Quello rispose: «Cento barili d'olio». Gli disse: «Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta». 7Poi disse a un altro: «Tu quanto devi?». Rispose: «Cento misure di grano». Gli disse: «Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta». 8Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? 13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».


sabato 14 settembre 2019

L’abbraccio che scioglie i nodi


Questa domenica Gesù ci racconta la parabola del Padre misericordioso: un padre ha due figli, il minore pretende la sua parte di eredità e va a sperperare tutto, ritrovandosi nella miseria più nera, il maggiore lavora con lui, vive nella sua casa ma come estraneo, senza fiducia. Il più giovane, quando si vede ridotto a uno straccio, pensa di ritornare a casa, col pensiero di chiedere perdono e mettersi nelle mani di suo padre, che faccia ciò che ritiene giusto. “Almeno”, pensa il ragazzo, “lì ho da dormire e da mangiare”. Il maggiore, quando il fratello rientra e viene riabbracciato dal padre, si arrabbia, tira fuori i denti e cosa dice? Sputa parole che esprimono durezza e gelosia: “Per lui che ha fatto solo guai fai festa e per me che sono sempre qui a lavorare con te, nulla!”. Verrebbe da chiedere cos’ha fatto di male questo povero padre per meritare – nonostante tutto il tenero amore – due figli così ingrati! Già, dov’è il male? Il male sta nel cercare vita dove vita non c’è. Fuori di sé, nelle cose, nei guadagni, nei successi, nell’esteriorità. Mentre la vita è dentro di noi, nel ritorno al cuore, dove Dio ci attende per salvarci e per trasformarci in meglio. La vita è nella casa della nostra interiorità, dove il Padre risiede da sempre.
Abbiamo una fame e una sete che possono essere spente soltanto da Dio, che riempie questa sete di amore, di senso e di eternità! Quante bugie per i nostri ragazzi che vengono illusi con l’idea che venendo ammirati dagli altri per la loro esteriorità – per le ragazze l’essere attraenti, per i ragazzi l’essere senza regole - possano spegnere la loro sete di amore! Mentre loro hanno bisogno che i genitori ci siano per loro, ci siano veramente, non semplicemente facendo delle cose per loro, portandoli di qua o di là o comprandogli un altro paio di jeans, ma che ci siano per loro, che abbiano il coraggio di guardarli negli occhi, di toccargli il cuore, e di farsi toccare il cuore da quanto stanno vivendo! Hanno bisogno di adulti che hanno il coraggio della verità! di dirgli chiaramente che una cosa è bene e una cosa è male, e soprattutto perché, qual è il motivo per cui una via è sbagliata. C’è bisogno di fare spazio alle cose importanti, agli argomenti che ci stanno a cuore, c’è bisogno di essere autentici.
I due fratelli siamo noi ogni volta che ci fermiamo all’esteriorità delle cose senza andare in profondità, senza cercare di far passare ciò che conta, senza esprimere affetto quando sappiamo bene che solo di quello c’è bisogno, quando restiamo passivi quando sentiamo che bisogna prendere una decisione, avere polso!
Chi può strapparci da questo deserto del cuore? La risposta sta nel mezzo di questo Vangelo, quando Gesù parlando del figlio giovane dice : Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”.  Ecco la svolta, ecco la verità! Ora e sempre, ma specialmente quando siamo  a terra, con stupore e meraviglia sperimentiamo che Dio è vicino, che Dio ci stava già cercando, e ci viene incontro, facendosi trovare. È lui che ci viene a cercare! Lui ci precede, pensa a noi e avvolge le nostre esistenze con una sapienza che tante volte non comprendiamo ma che è per il bene, per la vita, anche quando permette l’errore e il dolore. Tutto è grazia e sarà bene perché Dio è con noi.
Il figlio minore ha usato male la sua libertà, ma nell’esperienza di quell’abbraccio e di quella misericordia paterna  è rinato, e la sua vita non è stata più come prima. Tutto può servire a un bene se ci apriamo all’amore di Dio, se in tutte le situazioni tendiamo le nostre mani a Lui. Solo chi ha sentito sulla sua pelle la salvezza di questo immenso amore che lo ha strappato dalla sua solitudine può dirsi cristiano! Il cristiano non è una persona perfetta che non sbaglia mai, ma è qualcuno che ha fatto esperienza di Dio. Che un  giorno è stato trapassato dalla grazia, che ha cambiato totalmente le sue categorie mentali e il suo cuore! Chi davvero ha incontro Cristo ha una sola preoccupazione: ritrovare ciò che è stato perduto! Non è un caso che in questo vangelo ritorni per ben tre volte questo concetto: “bisogna far festa perché era perduto ed è stato ritrovato, era morto ed è tornato in vita”.
Credo che l’affidamento a Maria ci aiuti potentemente a entrare in questa logica. Ci aiuta a fare esperienza di questo amore e ci fa cambiare lo sguardo. Non vediamo più attorno a noi persone simpatiche o antipatiche, ok o non ok, non vediamo più situazioni facili o difficili, belle o sgradevoli, vediamo invece persone e situazioni che hanno bisogno di Dio, che hanno un disperato bisogno di sentirsi dire “eri perduto e sei stato ritrovato!”. Quante persone vivono come se Dio non esistesse, vivono perciò di lavoro, di vestiti, di cose da fare, di viaggi, di spese, mentre il cuore chiede con insistenza soltanto una cosa: amore, attenzione, cura. Il regalo più bello che possiamo farci e fare oggi è chiedere la grazia per noi e per tutti di fare esperienza del “ritorno a casa”. Quale casa? L’unica che è veramente nostra: l’abbraccio del Padre, che scioglie ogni nodo e ci riannoda Lui, rendendoci figli, capaci di amare a nostra volta, nella concretezza della quotidianità.

15 settembre 2019
Lc 15,1-32
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». 20Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». 22Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso». 31Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»»

sabato 7 settembre 2019

Amami di più


“Amami di più”. La Parola di Gesù anche questa domenica ci stimola, nella sua forza, a una risposta, a una riflessione, a una ricerca. Gesù ci vuole aiutare a non restare immobili dentro un modo sempre uguale di pensare e di percepire. Chiede perciò di amarlo più di quanto si ami chiunque altro e… anche se stessi! Cosa significa? 
Il Signore sa come siamo fatti e come potrebbe non saperlo visto che è Lui che ci ha fatti così? Sa bene che se non cerchiamo Lui e non chiediamo a Lui la luce per guardare le cose con i suoi occhi, poi ci perdiamo e ci chiudiamo dentro una gabbia fatta di tutto quello che viene da noi: i nostri pensieri, le nostre esperienze di vita, i nostri sentimenti ed emozioni. Avete presente quelle persone che davanti a un problema cercano delle soluzioni solo umane a furia di ragionamenti e di discussioni? Non che ogni sforzo di dialogo e di azione sia inutile, ma non basta per vivere. 
Noi abbiamo un’altra Parola che ci guida e ci aiuta  capire e anche a scegliere la strada giusta. La Parola della Croce: “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”, dice Gesù. Ossia se vuoi imparare a vivere, sappi che dovrai mettere mano al tuo cuore, dovrai metterti in discussione, perché la tua ragione è limitata e anche il tuo sentire. C’è un progetto più grande da seguire, che è quello pensato da Dio per te. Un progetto nel quale il sacrificio di sé non significa essere tristi e dover rinunciare alla gioia, tutt’altro! Vuol dire avere la vera gioia, che nasce nel profondo dello spirito quando scegliamo di stare col Signore e di ascoltare la sua voce, e di camminare sulla via che indica. L’unico sacrificio che ci chiede Gesù è il lavoro su noi stessi, l’essere consapevoli che le cose vanno affrontate con Lui, chiedendogli l’aiuto per vedere bene come stanno. È il sacrificio dell’umiltà, di chi non si fida di se stesso e si affida a Lui. 
E non basta dire il sì iniziale, nell’entusiasmo degli inizi. Occorre misurare le forze, perseverare, chiedere sempre la grazia della fedeltà al suo amore. Abbiamo infatti dentro una spinta opposta che ci porta lontano da Lui. Questo è il senso dell’immagine che Gesù usa in questo Vangelo quando dice che se uno vuole costruire una torre, deve prima calcolare bene le spese per non doversi poi trovare con un lavoro a metà. Dunque il messaggio centrale di questo vangelo è nella frase finale: rinuncia ai tuoi averi e sii mio discepolo. Il che equivale a dire: lascia ciò che ti fa male, lascia le cattive abitudini, l’apparire, l’avidità del possedere, l’avidità anche nelle relazioni, lascia il bisogno di voler avere sempre ragione e di voler dominare, controllare, lascia anche quei modi sbagliati di pensare a te, alla tua famiglia, quei modi negativi, pessimisti, senza speranza. A volte bisogna anche lasciare l’apatia, il non avere il coraggio di dire a chi ci sta accanto la verità, come quando i genitori sanno che i figli stanno sbagliando ma non hanno il coraggio di prendere veramente in mano la situazione e andare fino in fondo, per fare chiarezza e dare anche delle regole che li renderebbero impopolari agli occhi dei figli stessi. Ognuno ha da lasciare qualcosa per trovare nella Parola che Gesù gli rivolge personalmente un nuovo inizio, la possibilità di ricominciare. 
Questa dinamica di esodo da se stessi, di uscita da vecchi schemi di vedere per abbracciare il nuovo che Gesù ci porta è la dinamica dell’affidamento a Maria. Quando deponiamo nel suo cuore di Madre tutto ciò che siamo, amiamo e abbiamo, noi ci alleggeriamo di tante pesantezze ed egoismi e le permettiamo di operare, per noi e per quanti amiamo. Lei per il potere che suo Figli Gesù le dà può condurci a una vita veramente felice, dove si impara  a portare la croce per vincere con la forza dello Spirito ogni situazione. Perché il mondo non cambia per azioni di forza, ma attraverso cuori umili che scelgono di amare affinché sia lo Spirito Santo a portare armonia dove c’è discordia e vita dove c’è morte. 
8 settembre 2019
Lc 14,25-33
XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: «Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro».31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.


La Via della felicità