sabato 26 agosto 2017

Dono dall'alto

Chi sono io per te? Una domanda, questa di Gesù nel Vangelo della domenica (cf. Mt 16,30-20), che ci legge dentro, mettendoci di fronte a noi stessi, a quello che stiamo pensando, sentendo, sperimentando. Tendiamo ad allontanarci dal dialogo intimo e costante con Lui, non per scelta, ma perché le preoccupazioni della vita ci attirano e ci fanno entrare in contatto con altri sentimenti, che non di rado spingono verso la sfiducia. Siamo strutturati in questo modo: come equilibristi sul filo della vita. Se allentiamo il contatto con lo Spirito Santo, che vive in noi, non è che lo Spirito sparisca, perché noi viviamo in Lui, ma siamo noi che facciamo contatto con altre realtà, e quindi ne subiamo l’influenza.

Quando vediamo un bel tramonto e restiamo in silenzio, quasi spiazzati davanti all’evidenza di una potenza superiore, creatrice di tanta bellezza, noi vibriamo con la nostra parte più vera. Se invece siamo immersi in situazioni negative e apparentemente senza sbocco, pian piano ne siamo avvelenati e saturati. È per questo che Gesù ci stimola e ci raggiunge con la sua voce, con le sue domande. Chi sono per te? Sussurra al nostro cuore. Quasi a riprenderci quando forse siamo un po’ troppo influenzati da altro. E la nostra attenzione si volge nuovamente a Lui, e di nuovo la fiducia ci viene incontro e ci ricorda che soltanto di essa c’è bisogno per vivere. Fiducia in Gesù Signore della storia, che ha in mano ogni cosa, e con tenerezza la conduce, nonostante tutte le apparenze.

Lui garantisce: la Chiesa è mia, voi siete miei, tu mi appartieni. Se resti unito a me, sciolgo tutte le situazioni anche più aggrovigliate, se ti fidi e ti affidi. Nessuna potenza negativa potrà vincerti. È questa appartenenza concreta che Maria desidera per noi quando ci affidiamo a lei. Non per tranquillizzarci, per staccarci dalle difficoltà, ma per farci vivere ogni situazione della vita fondati sull’amore di suo Figlio Gesù. Ci doniamo a lei per essere suoi e così essere di Dio. Per guardarci e percepirci come figli. Quando Gesù dichiara beato Pietro, sta sottolineando una cosa davvero grande, alla quale non ci abitueremo e non dobbiamo abituarci mai: che la fede è un dono dall’alto ed è per fede che noi possiamo riconoscere Gesù e appartenere a Lui. Non viene dalla terra questo nostro sì, ma dal cielo. Questo significa che l’unica cosa necessaria, più necessaria dell’aria che respiriamo è la fiducia, fiducia rinnovata a ogni istante, contattata a ogni passo, cercata con ogni respiro dell’anima. Con la fiducia il cuore si apre e sente, capisce, crede, si affida. Con la fiducia il debole strumento che è la Chiesa diventa luogo di grazie straordinarie, in cui le vite cambiano, le persone si convertono, le situazioni più intricate si sciolgono.

Con la fede si spostano le montagne, l'impossibile diventa possibile, il piccolo si fa grande, chi è perduto viene ritrovato, chi è malato guarisce, chi è prigioniero è liberato, chi traballa torna a camminare in modo regolare. Questa potenza di Dio ci viene comunicata e a noi spetta darle credito, farla crescere, offrirle la parte maggiore di quello che siamo e che abbiamo, fino a lasciarle campo libero e così vivere in comunione, mai soli, sempre in dialogo con Dio, Padre che è nei cieli e che sempre rivela se stesso per chi lo vuole accogliere. 



sabato 19 agosto 2017

Fiducia che ottiene

«Donna, grande è la tua fede» (cf. Mt 15,21-28). Il Vangelo di questa domenica ci mostra la dinamica della fiducia e il misterioso potere che abbiamo sul cuore di Dio. Sì, perché davanti a un incontro come quello di Gesù e la cananea non possiamo non sentire dentro di noi un grido di esultanza perché il nostro Dio è Padre ed esaudisce le nostre preghiere. Le esaudisce, perché è Padre. Troppo spesso sentiamo dire: “Prega però non chiedergli quello che vuoi tu, ma quello che vuole Lui”. Vero. Però… sì c’è un però. Quando il cuore è al colmo della sopportazione e si sente l’impotenza davanti a situazioni che si vorrebbero diverse e che non si possono cambiare, quando si avverte l’impossibilità di intervenire, quando si sperimenta il limite… allora questo fiume di misericordia che salva è come una ventata di aria fresca in una giornata torrida. Certo che Gesù sa quello che è meglio per noi, ma saremmo ipocriti se pregassimo senza dolore, se chiedessimo senza osare domandare una grazia e crederci davvero. Il nostro Dio non ci ha insegnato a pregare in modo asettico, senza coinvolgerci, come se fosse lo stesso essere ascoltati o meno. Ci ha detto di bussare, perché ci avrebbe aperto. Di chiedere, perché ci avrebbe dato. Di osare, perché avrebbe accontentato la nostra richiesta. Talvolta si vuole ridurre l’onnipotenza di Dio e interpretare le parole dell’angelo: “Nulla è impossibile a Dio”.  Ma l’angelo ha proprio detto questo!

La donna cananea di oggi ci ricorda tanto Maria alle nozze di Cana. Lì Maria aveva rispettato la scelta di Gesù, aveva sentito bene la sua obiezione, eppure fece un salto in avanti e con un tuffo di fiducia osò dire ai servitori: “Fate quello che vi dirà”. E Gesù, quasi messo alle strette, fece il suo primo miracolo. Maria è andata oltre tutto quello che percepiva e si è comportata come si comporterebbe un bimbo, gettandosi nelle braccia del suo Papà. Come a dire: “Capisco che non posso ottenere tutto quello che mi sembra giusto, ma io ho bisogno di chiederlo, ho bisogno di essere autentica”.
Non riusciremo mai a sondare le profondità del grande mistero della preghiera. La preghiera può tutto. Apre strade dove strade non sembrano esserci. Non importa se si osa invertire l’ordine e invece di attendere il proprio turno, ci si fa accanto al banchetto preparato per altri. Quello che conta è raggiungere Gesù, e credere in Lui. Se uno ci crede, sarà sfamato, sia che mangi un piatto di carni pregiate sia che mangi un tozzo di pane.


Lucia di Fatima, un giorno, disse con trasporto: “Non c’è nulla, neppure il problema più grande, che non possa essere risolto con la preghiera del Rosario”. La preghiera è il nostro rivolgerci a Lui: “Signore aiutami!”. Come quel giorno la cananea, sentiremo Gesù che ci dice: “Avvenga per te come desideri”. Noi che ci siamo affidati a Maria siamo spronati da lei alla preghiera costante, a chiedere senza stancarci, ad avere nel cuore sempre pronta un’Ave Maria perché solo in questo modo, solo con un’ostinata audacia potremo vedere Dio all’opera laddove pareva impossibile. “Gli anelli che voi vedete spenti, senza raggi, sono le grazie che non mi chiedete” disse Maria a santa Caterina Labouré, mentre le spiegava l’immagine della futura medaglia miracolosa. Cosa vuol dire questo se non che la preghiera è la cosa più necessaria? Sì, gli anelli della Vergine si riempiranno di luce e questa luce diventerà aiuto concreto per le persone per cui preghiamo se avremo un cuore di figli che si fidano di Dio e della sua infinita tenerezza verso ciascuno.

sabato 5 agosto 2017

Senza paura

«Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. Il Vangelo di questa domenica (cf. Mt 17,1-9) va al cuore della nostra fede: l’incontro personalissimo con Gesù. Pietro lo ricorderà nella seconda lettura: non siamo andati dietro a una favola, ma abbiamo toccato con mano la sua persona. Come a dire: Gesù l’ho incontrato! Perciò si capisce la schiettezza dei santi, la loro creativa libertà. Se lo hai incontrato, non ti interessa più barare, non fai più nessuna moina per difendere un’immagine di te accattivante. Se lo hai incontrato, gradualmente il suo amore intensissimo e infinito ti ha spogliato delle tue molteplici stratificazioni di illusioni e di menzogne e ti ha lasciato tale e quale eri… con la tua ammirabile nudità. Non c’è da vergognarsi, perché scandalizzarsi di essere quelli che siamo! Siamo creature amate, create dall’amore, “contaminate” di luce, direbbe papa Francesco. Il fatto che siamo anche attraversati da spinte che vanno verso il male, non significa che ci identifichiamo con esse. Significa solo che abbiamo degli indicatori della nostra fragilità che ci aiutano – sì, ci aiutano! – a camminare sulla strada del sano realismo e anche – anzi soprattutto – dell’amore più grande!


Affidarci a Maria ci libera da tutte queste schiavitù mentali, sottili o più evidenti, ma sempre castranti. Pronte a tenerci col morale basso come se questa vita dovesse darci qualcosa e noi non lo riceviamo. Ma non è così che funzionano le cose nella realtà: siamo noi che in comunione con Gesù, nostro unico Salvatore, dobbiamo sentirci responsabili del mondo e portare speranza dove non c’è nessuna apertura a Dio e dove si rischia di disumanizzarsi. Allora affidarci a Maria nello spirito di san Massimiliano significa oggi alzarsi e non temere, perché se abbiamo visto il Signore, la vita non è più un problema, è invece il luogo in cui - con la forza che ci viene dal saperci amati e sostenuti - noi facciamo la differenza. Porgere la mano agli infelici, diceva il nostro Massimiliano. Fare di tutto perché a chi ci avvicina arrivi un raggio di bontà che gli faccia sentire nostalgia della bellezza divina. Maria è stata donna forte, coraggiosa, sempre proiettata in avanti, una donna che non si è mai voltata indietro, non ha esitato. Ha visto Dio, ne ha fatto esperienza, e poi ha fatto della sua vita un dono. Impariamo da lei, dai santi, a rafforzarci nella stima interiore, quella stima che ci fa dire: “Mi alzo Signore e vado, senza paura, perché ora che ti ho incontrato, sono una missione su questa terra. Ogni mio gesto, azione, pensiero, sentimento dovrà collegare gli altri a Te”. L’affidamento a  Maria è un gesto dinamico, ci conduce sempre oltre… fino agli orizzonti più inesplorati dell’amore. Che sia creativa la nostra vita, che sia amore! 

La Via della felicità