sabato 4 gennaio 2020

E luce sia


«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Giovanni col suo avvio del vangelo meglio conosciuto come Prologo, cerca di accostare attraverso un linguaggio poetico e simbolico il mistero di Dio, che ha scelto consapevolmente di venire a visitarci, di farsi uomo, di sentire, pensare, provare e sperimentare in sé la bellezza e la fatica di esistere nel limite. Non per curiosità ma per salvarci nel limite che ci portiamo addosso, per liberarci mentre remiamo nei mari in tempesta della vita, per darci pace e amore e farci sentire che siamo suoi, al sicuro, mentre attraversiamo l’esistenza quotidiana nelle piccole e grandi situazioni da affrontare e da scegliere. 
Gesù si è impastato con noi per dimostrarci che la pasta di cui siamo fatti è attraversata dalla sua presenza, dal suo Spirito e che quindi non siamo mai soli, anzi con l’energia che ci viene da lui, siamo capaci di uscire da noi stessi e fare passi verso il bene, verso gli altri, possiamo spingerci ad esplorare nuovi percorsi in cui metterci alla prova e dare al Signore l’opportunità di confermarci nella scelta. Non è stando fermi e seduti nelle nostre paure e nei nostri propositi che cambiamo la nostra vita, ma facendo piccoli e concreti passi da verificare con lui. Passi di fiducia, dunque, resi belli e caldi da un senso di fiducia in lui e nel suo amore che salva. «Signore, tu che mi accompagni  e mi ispiri, fammi capire se questa direzione è opportuna per me ora». Il Signore non tarderà a risponderci, non tramite whatsapp ma tramite la vita, mentre noi agiamo e proviamo. Da quando si è incarnato Gesù abita la nostra carne, la nostra vita, è la vita il luogo teologico in cui ci sintonizziamo con lui e impariamo a camminare sulla strada giusta. Se il nostro sguardo si fa attento, contemplativo, riesce a vedere i segni personali che lascia sul cammino. E non è questa vicinanza piena di senso la più grande gioia che possiamo gustare? Non è forse questo sapere e sentire che stiamo costruendo insieme a lui la nostra vita, la nostra famiglia, le nostre relazioni, il nostro futuro a dare spessore a tutto quello che facciamo?
Giovanni in questo vangelo ripete più volte la parola “luce”, e afferma che la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. È un presente (“splende”) eterno, come  a dire che le tenebre ci saranno sempre, dentro e fuori di noi, e questo è qualcosa con cui dobbiamo fare pace, ma la luce di Cristo splende proprio grazie alle tenebre, che loro malgrado sono costrette a riconoscerne la luminosità. Non c’è notte per la nostra anima e per la nostra vita che possa vincerci se siamo uniti al Signore. Non è poesia, è fede, fede in lui, nella sua opera di guarigione dei cuori e nella sua azione risanante delle esistenze. Questo è il senso anche dell’affidamento a Maria: perché ci affidiamo? Perché ci mettiamo sotto la protezione materna di Maria? Lei ci aiuta a vivere questa parola che Giovanni ci consegna oggi: «A chi accoglie il Signore, è dato il potere di diventare figli di Dio». Quale potere? Non quello dei soldi, dell’apparenza, della competizione, che sono solo segno di una inconsistenza interiore che si vuole colmare col prevalere sugli altri, ma il potere della grazia, l’energia spirituale che in quanto figli riceviamo da Dio, energia che è gioia, pace, senso di armonia interiore, di fiducia, pur nelle prove che non mancheranno mai. Energia che nasce dalla relazione d’amore con Dio. È il saperci amati e accolti da Gesù che cambia la nostra percezione delle cose. 
Giovanni ai piedi della Croce accolse Maria come madre, Gesù stesso è stato accolto da Maria e Maria ha accolto il progetto del figlio, abbracciandolo lei stessa. Saremo solo noi a restare fuori da questa dinamica d’amore? Affrettiamoci ad accogliere così come siamo, col desiderio e con le deboli forze che abbiamo, la luce di Gesù e della sua Parola viva. Non ci spaventi la nostra debolezza. Per accogliere la grazia occorrono solo la semplicità e l’umiltà del cuore. Il mettersi nelle sue mani, come bambini. E lui agirà.
5 gennaio 2020
Gv 1,1-18

II domenica dopo Natale


1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2Egli era, in principio, presso Dio:
3tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
4In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
5la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta.
6Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
9Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
10Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
11Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
12A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13i quali, non da sangue né da volere di carne
né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
14E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me
è avanti a me, perché era prima di me».
16Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
18Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.



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