venerdì 31 maggio 2019

Partire per restare


Un giorno di fuoco, questa domenica di risurrezione che Luca descrive nel cap. 24 in cui il Risorto appare alle donne, poi ai due di Emmaus, infine ai discepoli riuniti nel cenacolo a Gerusalemme e a conclusione di tutto ascende al cielo. Un concentrato di grazia e di segni da parte di Cristo per introdurci in un nuovo dono, quello dello Spirito Santo. Qui Gesù, mentre ascende al cielo e dunque lascia la terra per ritornare al Padre, non ci priva di nulla, ma ci immerge nel dono perfetto, che è la sua presenza nei nostri cuori.

Il messaggio che sta a cuore a Gesù è infatti quello di attendere lo Spirito Santo come dono definitivo per l’umanità. Annuncia un momento preciso in cui ci sarà questa effusione e soltanto dopo, con la forza che viene dallo Spirito, i discepoli e anche noi potremo annunciarlo e portarlo agli altri, testimoniarlo nella vita. Gesù ricorda ai suoi la dinamica pasquale: è stato necessario passare attraverso la morte per poi risorgere. Solo così può essere concesso il perdono agli uomini, solo attraverso l’amore sofferente può essere salvato ciò che nell’uomo era perduto. Alla luce della risurrezione e dopo il dono dello Spirito gli apostoli saranno capaci di comprendere questa verità. Non cercheranno più di salvare la propria vita aggrappandosi a sicurezze umane ma seguiranno Cristo nella stessa dinamica di donazione, perché altri abbiano la vita. 

Chi non ha fatto l’esperienza di sentirsi tirare fuori dai suoi mali dal Signore non può accompagnare gli altri nella stessa liberazione. Solo quelli che - come i discepoli e come Maria - si sono lasciati trafiggere l’anima dal dolore e ne hanno compreso il valore possono davvero portare speranza a chi non ce l’ha. Chi si sente un salvato infatti si sente anche sempre debitore nei confronti di Dio e perciò resta umile, e il suo cuore è benevolo verso chi ancora non ha incontrato la grazia. Cosa faceva Maria in quel frangente così importante? Cosa provava? Cosa pensava? Non lo sappiamo. C’è però a volte qualche artista o poeta che coglie un dettaglio su di lei e apre uno sprazzo nuovo che ci stimola a uno sguardo più in profondità. 

Penso a Rublev, famoso iconografo russo del XIV secolo, che ha dipinto il gruppo dei discepoli prima  della Pentecoste, dunque all’Ascensione: Gesù ascende al cielo, restano insieme ad aspettare lo Spirito, Maria e gli apostoli. Maria sta in piedi con le braccia aperte (in preghiera) “al centro, come l’albero maestro che assicura equilibrio e stabilità alla barca. Intorno a lei gli apostoli, tutti con un piede o una mano alzata, in movimento”, pronti a partire, ad andare in missione ad annunciare. “Maria sta immobile, sotto Gesù, nel punto esatto da cui egli è asceso, quasi a tener viva la memoria e l’attesa di lui” (R. Cantalemessa). Un’immagine potente che ci rimanda a una grande verità della nostra vita interiore: solo restando umilmente nel solco tracciato dallo Spirito possiamo fare l’esperienza di una effusione spirituale che trasforma noi e le nostre storie. Sempre e nuovamente fino alla fine, sempre e nuovamente dentro la logica della Pasqua che è di passione e risurrezione, morte e vita, sacrificio e amore.


2 giugno 2019 
Ascensione del Signore 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto».Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.


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