sabato 2 marzo 2019

Cuore che accoglie


Il discepolo ben preparato sarà come il suo maestro. Nel Vangelo di questa domenica Gesù ci fa riflettere sull’atteggiamento con cui ci relazioniamo con gli altri e con le situazioni. Lui, il Maestro, altrove dirà che non è venuto per condannare ma per salvare chi è in difficoltà. Dunque il discepolo è la persona che come il suo maestro non si pone accanto agli altri con l’intento di coglierlo in errore o di focalizzare l’attenzione su quello che disturba in ciò che dice e che fa. Il discepolo si relaziona cercando il meglio dell’altro, fissando lo sguardo sulle sue potenzialità, che potranno fiorire nella misura in cui ci sarà qualcuno disposto a dargli attenzione e cura. Gesù non ha spento la fiamma smorta né spezzato la canna incrinata perché col suo cuore gentile e forte ha creato dentro di sé uno spazio di accoglienza così grande che chiunque in quel mare di bontà si è sentito perfettamente a casa! Con la sua parola ha ridato vita a chi era morto, con il suo sguardo ha fatto rinascere la speranza in chi era depresso, con le sue carezze ha impresso fiducia in chi non aveva più nulla in cui credere nella vita.

Alcune volte anche gli apostoli vengono sorpresi mentre puntano il dito contro qualcuno (non è dei nostri!), Maria invece è la discepola che ha sempre da imparare da suo Figlio. Quando a Cana ad esempio tira dentro a quella situazione critica Gesù, perché intervenga, lo fa con fiducia e senza pretesa, mettendosi nella posizione di chi impara sempre, di chi - come ha detto papa Francesco - “ha un cuore da discepolo che sempre impara”. “Qualunque cosa vi dica fatela” infatti significa proprio questo: affidiamoci e poi impareremo strada facendo dove lui ci vuole condurre. Intanto noi fidiamoci!

L’itinerario più necessario è quello del cuore, dove si annida un giudice interiore – frutto di passate esperienze – col dito puntato. E poiché nel rivivere quella situazione torniamo a sentire il dolore dell’umiliazione subita, cerchiamo di non sentire e attribuiamo agli altri tutta la responsabilità. La trave che portiamo dentro fa male e perciò meglio scaricarla subito sugli altri! Affidandoci a Maria le chiediamo un cuore materno, di figli e di discepoli che sempre imparano, sempre cioè crescono nell’amore. La sua tenerezza materna ci fa diventare fratelli e sorelle che si mettono accanto e che anche quando si trovano nella condizione di trasmettere delle conoscenze, lo fanno col desiderio di condividere una gioia, di costruire insieme spazi di crescita e di comunione.  Allora produrremo tutti insieme dei frutti profumati, perché le nostre relazioni saranno generative. Saranno luoghi in cui ognuno si sente valorizzato, spronato  a fare il suo meglio, invitato a dare il suo contributo e lanciato a trasmettere a chi è in difficoltà l’unica cosa che conta: la misericordia che ci salva da noi stessi e dalla cecità di crederci orfani, senza un Padre che è nei cieli e dunque senza fratelli con cui condividere il cammino della vita e della fede.

3 marzo 2019
VIII domenica del tempo Ordinario
Lc 6,39-45
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli 
39anche una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. 41Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: «Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio», mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

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