sabato 16 settembre 2017

Dove nasce la compassione

Ne ebbe compassione e gli perdonò tutto (cf. Mt 18,21-35). Le parole di Gesù questa domenica vanno molto in profondità e lasciano il segno sul modo di sentire di Dio dentro la nostra fragile carne. Questo segno è l’amore sofferente, non un amore qualunque, ma l’amore appunto “sofferente” di Dio per noi. È stato questo amore che ha bruciato e trasformato il male come un fuoco. Questo significa che l’amore soltanto è l’energia vitale, la forza spirituale capace di creare e ricreare vita dove è stata negata, calpestata, dimenticata, ferita. E la scelta del perdono nasce da questo sguardo diverso posato sulle cose e sulle situazioni umane. Uno sguardo che non parte da ciò che possiamo pensare o sentire noi, umanamente soltanto, ma che viene dalle profondità del cuore, quando il cuore si è lasciato lavorare e “triturare” dalla vita. Non potremo mai cogliere il senso di questa compassione divina verso le nostre infermità se non a partire dall’esperienza che noi per primi ne possiamo fare, se lo vogliamo. Tutto dipende dal nostro modo di stare nell’esistenza. Se ci siamo in Dio, allora siamo disposti a lasciare che Lui - attraverso la vita e il suo linguaggio concreto - ci cambi, ci trasformi, ci modelli. In questo senso allora ci sentiamo in cammino.

E in questo percorso di crescita intenso e doloroso, Maria ci accompagna sia come Madre che come guida. Come guida ci consiglia, senza però mai prendere il nostro posto, senza sostituirsi alla nostra libertà. Come Madre intercede per noi, ci abbraccia, ci aiuta, ci ottiene grazie e benedizioni. Inoltre ci fa da modello, da specchio. Anche lei ha imparato da Dio – riflesso nel volto di suo Figlio – la compassione. L’ha imparata in particolare sul Calvario, quando il suo cuore è stato annientato dal peso del male e tuttavia è rimasto aperto, totalmente rivolto alla luce del Padre. Impossibile con il ragionamento entrare nel senso della vera compassione. Soltanto la via dolorosa ne dischiude i segreti. C’è un punto ultimo – prima del più assoluto silenzio – in cui il dolore è tanto radicale da generare uno stato di sospensione di tutte le cose in cui solo Dio – sempre presente – garantisce la vita.

Quel punto limite Maria lo ha sperimentato e ne è miracolosamente uscita per grazia, ritrovandosi poi accanto al suo Figlio Risorto e inviata a rafforzare con la sua presenza materna la Chiesa degli inizi. Lo sguardo che Maria, uscendo dal Cenacolo, deve avere posato sulle miserie umane è stato certamente uno sguardo così carico di compassione, così vero nella sua capacità di sentire l’altro e il suo dolore, così vero anche nella sua segreta forza di sperare l’impossibile di Dio…

Non ci stupiamo del fatto che - come l’uomo ingrato della parabola di questa domenica - molte persone non riescano a perdonare: il perdono non è una cosa che si fa, nasce solo dove c’è un terreno ormai morbido e ben rivoltato e perciò capace di accogliere qualunque seme la vita gli getti senza troppe pretese. Il perdono è quello sperimentato da Gesù e da Maria sul Calvario quando il loro cuore spezzato si è misteriosamente aperto lasciando scorrere fiumi di misericordia sulle miserie della nostra fragile umanità.  

Nessun commento:

Posta un commento

La Via della felicità