sabato 18 aprile 2020

Benedette ferite


È la sera della domenica di Pasqua. Giovanni ci ha già raccontato dell’incontro avvenuto al sepolcro, all’alba, tra Maria di Madgala e Gesù risorto. Ora Gesù in persona va dai suoi apostoli, che sono letteralmente rintanati in casa pieni di paura e tremanti di fronte a una realtà oscura, cioè la possibilità di essere catturati e di finire quindi come il loro Maestro crocifisso. Si avverte il clima di tensione ma anche di smarrimento, di solitudine, di fatica relazionale. Ora che il Maestro non c’è più, tutti i sogni diventano illusioni e svaniscono nel nulla. La vita è senza un appoggio sicuro. C’è senz’altro anche un grande dolore, perché Pietro e gli altri amavano il Signore e per seguire lui avevano lasciato proprio tutto. È in questo momento buio, mentre tutto si fa fitta tenebra, che Gesù Risorto gli appare.
Tante volte nella vita abbiamo sperimentato come alla fine di tutta una serie di difficoltà e di dolori di ogni sorta, quando siamo giunti al limite, l’affidamento pieno al Signore ci ha permesso di vederlo all’opera, e siamo stati liberati. Ma cosa fa Gesù apparendo in mezzo ai suoi? Gesù dona lo Spirito e con lo Spirito la Pace, e la riconciliazione e il potere di perdonare i peccati a quelli che saranno i primi sacerdoti della nuova alleanza. Gesù sta ricreando l’uomo a partire dalla radice del suo essere. Qui tocchiamo un punto nodale della nostra esperienza di Gesù. Il suo perdono. Quando riusciamo ad ascoltare le ispirazioni dello Spirito e abbiamo il pentimento profondo fino alle lacrime, quando riceviamo il sacramento della confessione in tutta onestà e trasparenza e con convinzione, col desiderio di unione con il Signore, accade che Gesù appare come la sera di Pasqua e quel volto non lo scordi più. Appare al fondo del tuo cuore e sei liberato dal profondo.
L’esperienza cristiana o è incontro col perdono di Gesù o non è. La grazia che entra nell’anima cambia tutto. E ognuno può dire, secondo la grazia ricevuta: “Ho visto il Signore”. Se non c’è uno spartiacque tra il prima e il dopo nella nostra vita, dov’è l’incontro con Gesù Risorto? E se non c’è, chiediamolo! Il Signore ha molto più desiderio di noi di quanto noi ne abbiamo di lui. Perché noi siamo troppo spesso lontani dal centro del nostro cuore.
Ed è importante per noi che Gesù Risorto mostri le ferite e dovremmo ringraziare Tommaso invece di colpevolizzarlo perché grazie alla sua testa dura - per cui voleva vedere e toccare Gesù Risorto - noi possiamo ricevere e gustare queste parole del Signore che ci trasformano il cuore: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!».  Il Signore desidera mostrarsi a chi lo vuole incontrare. Oggi come ieri. E Gesù non ha fatto un’operazione di plastica per cancellare le ferite della sua esistenza terrena. Non le ha nascoste vergognandosi di quello che gli era capitato. Quelle ferite sono gloriose, attraverso di esse passa la luce, la grazia che ci salva. Anche nelle nostre relazioni lo sperimentiamo: ci ama veramente chi soffre con noi, chi non ci giudica al primo errore, chi non ci butta giù quando siamo pesanti e difficili da sopportare, chi è capace di comprendere i nostri silenzi e le nostre nostalgie. Ci ama chi è disposto a perdere tutto per noi. Ma lo sappiamo che solo Dio può amarci così. 
Tuttavia a noi dà il suo Spirito di amore per poterlo un poco imitare, seguire passo passo ogni giorno. Siamo figli e lui come Padre ci rende partecipi della sua gioia. Tutte le ferite di questa vita sono sorgenti di grazia se diventano per noi occasione per aprire il cuore dolorante al Signore e lasciarci guarire dal suo amore. Se la ferita è il luogo dell’incontro con Gesù, felice sofferenza! Arriviamo a benedire quelle piaghe perché ci hanno fatto sentire così forte il bisogno di essere salvati da tendere le mani al Signore  e incontrarlo sul serio! La vita iniziamo a viverla il giorno in cui incontriamo la sua misericordia nella nostra carne ferita. E in questa bellissima domenica dopo Pasqua in cui san Giovanni Paolo II ha voluto la festa della Divina Misericordia, chiediamo con semplicità e fiducia al Signore la grazia del silenzio del cuore, per incontrarlo e ricevere dai raggi di grazia usciti dal suo cuore, la consolazione che soltanto lui può offrirci. E con santa Faustina diciamo: “Gesù confido in te!”.
19 aprile 2020
II Domenica di Pasqua
Gv 20,19-31


19La sera del primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». 24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». 26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». 30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.


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