Questa incursione di Gesù in un territorio pagano a cui direttamente non
si sentiva inviato è il segno della volontà del Padre di raggiungere tutti a
tempo debito. Dopo Gesù saranno i discepoli e poi la Chiesa a inserirsi nei più
disparati ambienti perché tutti – nessuno escluso – possa conoscere l’amore di
Dio e guarire. Ed ecco che subito gli si presentano una serie di casi dolorosi.
Oggi è la volta del sordomuto. Non è questo pover’uomo senza nome ad andare da
Gesù ma sono altri, forse parenti, forse amici che gli volevano bene. Fatto sta
che chiedono per lui un gesto di benedizione nella speranza che qualche
influsso benefico possa risanarlo. Gesù avrebbe potuto dire soltanto una parola
e l’uomo sarebbe stato guarito. Ma questa volte accade qualcosa di inedito.
Gesù lo porta in disparte, lontano dalla folla rumorosa, poi fa una serie de
gesti che sanno di profonda confidenza e comunione: mette le sue dita nelle
orecchie del malato, tocca con la saliva la sua lingua, e infine guardando il
cielo come per contattare il Padre, emette un sospiro e gli dice: “Effatà,
apriti!”. E subito il sordomuto guarisce, potendo udire suoni e voci e perfino
parlare in modo anche corretto. Un miracolo che genera stupore e grande
commozione nella folla circostante. Questa Parola oggi ha la forza dirompente della
grazia che si sprigiona dalla persona di Gesù.
È il miracolo che accade ora
anche per noi quando ascoltiamo con fede la Parola e così permettiamo ad essa
di trasformarci nel profondo. Un gesto che ha anche un valore simbolico: il
sordomuto rappresenta l’umanità incapace da sola di farsi attraversare dalla
Parola e dalla Persona di Gesù e perciò bisognosa di essere aperta. C’è un nodo
che va sciolto, una porta che va aperta, un ingranaggio che va sbloccato, c’è
nel cuore umano una tendenza a restare aggrappati al noto anche se ormai non
aiuta più e non fa crescere invece di provare il nuovo e così rimettersi in
cammino. Ci affidiamo a Maria anche perché essendo la madre della grazia può
davvero aiutarci a fare questa delicata e graduale operazione di liberazione da
tutta una serie di condizionamenti che portano nomi molto specifici, legati
alla nostra storia. E così giorno per giorno, mentre approfondiamo la fiducia
in lei, e ci pensiamo come suoi figli, sperimentiamo come le difese vanno
sfaldandosi e cresce il desiderio di provare, di tentare, di fare un passo in
più verso Dio e verso gli altri. Si sciolgono i nodi e si attivano nuove
sorgenti di energia che scopriamo presenti in noi. Oggi Maria ci ricorda che le
ferite che caratterizzano il nostro mondo interiore non vanno negate né temute
ma vanno offerte al calore dell’amore di Cristo suo figlio, che amandoci ci fa
sentire la gioia di accoglierci come siamo e ci fa capire che non sono le
ferite a bloccarci nella vita ma il nostro modo di percepirle e percepirci.
XXIII domenica del tempo Ordinario
Mc 7,31-37
Mc 7,31-37
In quel tempo 31Gesù, uscito
dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in
pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un
sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in
disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva
gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse:
«Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si
aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava
correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva,
più essi lo proclamavano 37e, pieni di
stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i
muti!».
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