sabato 10 giugno 2017

Non giudizio ma amore

Non giudicare, ma salvare (cf. Gv 3,16-18): questo è lo scopo della presenza di Gesù nel mondo e nella nostra storia personale. Tra gli aspetti della fede questa è forse una tra le più difficili da accettare. Come mai? È davvero tanto difficile lasciarsi salvare? È forse più facile restare intrappolati nel giudizio e nell’autogiudizio? Di che giudizio si tratta? È quell’atteggiamento per cui abbiamo bisogno di difenderci da quello che l’altro è, dando giudizi di merito su quello che dice e che fa. E finendo così con l’ingabbiarci dentro lo spazio angusto della sfiducia e delle supposizioni.

Gesù nel Vangelo di questa domenica dedicata al mistero della Trinità, ci trasporta col pensiero e col cuore dritto al succo della salvezza: l’amore col quale il Padre ci ama che si è manifestato nella carne del Figlio. È come se Gesù ci stia dicendo che finché non accogliamo la realtà tutta intera e in quella ci giochiamo, saremo sempre schiavi di vite non autentiche, parallele a quella reale, in cui ci siamo al centro noi e i nostri costrutti mentali. La realtà con tutte le sue espressioni tanto imperfette quanto vive, pulsanti, è e resta sempre il migliore antidoto al non senso e alla perdita del vero sé. Per questo Gesù ci riporta sempre alla sua carne, al mistero della sua decisione libera di farsi uno di noi. Non troviamo la verità scartando qualche aspetto di noi per valorizzarne un altro, la troviamo soltanto se accogliamo in modo incondizionato noi stessi, a partire da tutta quella variegata gamma di pulsioni e istinti che colorano il nostro essere.

Accogliere non certo per assecondare tutto in modo indistinto ma per imparare dal Padre ad avere uno sguardo veramente misericordioso e comprensivo su di noi, prima ancora di scegliere la necessaria via del bene. Ci dà tanta pace questa parola di Gesù oggi: vengo a te per essere la tua salvezza, non per colpevolizzarti. E Maria, di cui ci sentiamo figli, ci incoraggia ad avere un cuore rasserenato, perché non ci è chiesto di essere quello che non siamo, ma di lasciarci guidare verso il bene, riscegliendolo ogni istante e quindi tagliando i ponti con tutto quanto cerca di distaccarci da questa possibilità. Maria ci insegna a custodire una sana tensione tra i due poli del nostro essere, quello positivo e quello negativo, fragile e ferito. Ben sapendo che non c’è peccato nel sentirsi inclini al male ma solo nel volerlo e nello sceglierlo. I santi hanno raggiunto questo grado di umanizzazione perché hanno accolto se stessi in tutta verità e si sono impegnati a mantenersi fedeli a Dio, perseverando nel bene.


Maria non ha avvertito nella sua carne le cattive inclinazioni perché era immacolata, ma non è stata risparmiata in nulla quanto al sacrificio e al rinnegamento di sé. Anche le più semplici gioie come quella di essere madre, le è stata tolta perché diventasse madre a un livello ben diverso. Sentiamoci compresi profondamente da nostra Madre, e impariamo a ringraziare il Signore per tutte le opportunità di bene che dissemina nei nostri giorni. Perché anche oggi con il suo amore incarnato ci salva da false visioni della vita e ci innesta nella verità, di cui possiamo gustare tutta la grandezza. «Dio infatti non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Nessuno sguardo giudicante o mortificante per noi figli, ma piena comprensione e quindi fiducia nelle enormi possibilità di ripresa e di fecondità di cui siamo dotati.  

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