sabato 4 giugno 2016

Restituiti alla vita


«Egli lo restituì a sua madre»  (cf. Lc 7,11-17). In questa domenica il Vangelo offre alla nostra preghiera la scena della risurrezione del ragazzo di Nain. Il perdono di Dio è capace di staccarci dalla morte e farci rinascere a vita nuova, aprendoci delle possibilità che non avremmo neppure immaginato di poter sperimentare. In questa stupenda scena Gesù col suo tocco gentile – il tocco della grazia – risana la frattura che la morte aveva creato e ristabilisce l’unità.

Anche Maria fece una esperienza simile, anche per lei c’è stata la grande prova della morte di suo figlio seguita dalla sua risurrezione. Il Padre celeste restituì a Maria suo figlio Gesù, quando le concesse di poterlo riabbracciare risorto. Noi che ci affidiamo a Maria, e che abbiamo scelto di vivere nel suo Cuore di madre, protetti dal suo amore, impariamo da lei il coraggio di vivere e la bellezza di vivere. Lei ci ripete: “Coraggio, mio figlio Gesù ti restituirà la vita”. Dopo la morte, la vita. Dopo le tante morti, la vita. Ognuno di noi, se sta seguendo seriamente Cristo, sa che il chicco della sua vita deve morire per portare frutto, altrimenti resta sterile. Si deve disfare, perdere, per sentire fin nel profondo quanto è debole e incapace di trattenere la sua vita, di conservarla e farla fiorire.


Questa specie di morte però – se abbiamo il coraggio e la fede di accoglierla – è il preludio della nuova vita, di una nuova chiamata da parte di Dio. In genere Dio non dà un dono se sa che sarà sciupato. Prima zappa intorno alla vigna, la pota, la concima, costruisce un pozzo, un  recinto, come il buon agricoltore. Quando ci sono tutte le condizioni, lascia andare dal cielo il suo nuovo dono. Se ci lasciamo attraversare dal mistero della morte e dell’annientamento, se lo viviamo con fede, sentiremo un giorno Gesù che col suo tocco gentile ci chiederà di alzarci per una nuova chiamata, per un nuovo tragitto da fare insieme. Maria ci suggerisce di vivere con fede il tempo in cui il nostro chicco di grano si disfa nel terreno, perché nella misura della nostra disponibilità a lasciarci trasformare, riceveremo direttamente dalle mani di Dio il dono di una nuova chiamata all’amore. 

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